Conversando con i giornalisti italiani, Hirokazu Koreeda non ha nascosto la sua necessità di orientarsi su altri temi e altri lidi nei prossimi lavori. E lo si è capito abbastanza bene anche intuendo la noia con cui ha risposto alle solite domande relative ai suoi film: come si fa a raccontare così bene i legami affettivi? E la famiglia, questo mistero sociale del nostro tempo, come fa il Maestro giapponese a rappresentarla così bene, con tutte le sue imperfezioni quotidiane che non ne scalfiscono però la forza dirompente?
Sentendo il cineasta nipponico, andrebbe anche ridimensionata la convinzione che "Ritratto di famiglia con tempesta", il cui titolo italiano potrebbe risultare ridondante e in realtà è un traduzione più fedele dall'originale dell'adattamento internazionale "After the Storm", sia il terzo capitolo di un'ideale trilogia iniziata con "Father and Son" e continuata con "Little Sister". Certo, c'è qualche riferimento esplicito ai vincoli parentali in tutti e tre i titoli: padre, figlio, sorella, famiglia. Anzi, in questo ultimo film parrebbe estendersi il quadro di riferimento all'insieme del focolare domestico. Si potrebbe infatti pensare che, mentre "Father and Son" si concentrava sul tema della paternità, "Little Sister" su quello della sorellanza, il Ritratto presentato l'anno scorso a Cannes, ma fuori concorso, potrebbe essere un affresco complessivo sulle emozioni e i sentimenti che avvolgono un nucleo familiare nella sua totalità. Ma mai titolo potrebbe sembrare più fuorviante. A differenza delle due precedenti pellicole, infatti, Koreeda si concentra sul percorso individuale di un singolo personaggio, Ryota, il protagonista interpretato da Hiroshi Abe. Lo seguiamo nel districarsi in un periodo della sua vita particolarmente turbolento: divorziato da una donna di cui è ancora innamorato, padre di un bambino che non lo stima molto, scrittore dal talento esauritosi dopo solo un libro di successo e ora costretto, per poter pagare gli alimenti, a improvvisarsi scalcinato detective privato. E in tutto questo, la passione smodata per il gioco d'azzardo non aiuta.
Il regista di Tokyo pedina per le strade dei quartieri semi-periferici della capitale il suo uomo, fotografandone con la consueta levità le piccole vicissitudini giornaliere. D'altronde, Koreeda è in questo che è insuperabile: nell'osservare il quotidiano riesce sempre a cogliere gli spunti che gli permettono di riflettere sulla complessità e i misteri dell'essere umano, sulla sua irrecuperabile solitudine nonostante la sua natura di animale sociale. Koreeda era e resta un filosofo applicato al cinema: il suo non è "semplicemente" cinema degli affetti, ma è pensiero in continuo divenire sulle mutazioni dell'uomo, sul suo rapporto con gli altri, la propria realizzazione personale e professionale, sulla difficoltà di mantenere vive le origini delle tradizioni mentre la modernità impazza e travolge tutto.
Oltre che regista anche sceneggiatore e montatore, questa volta Koreeda lavora senza la consueta ispirazione, né in fase di scrittura né durante la messa in scena. La sua caratteristica delicatezza nel tratteggiare caratteri e dialoghi rischia seriamente di scadere nell'impalpabilità della narrazione, nella vacuità delle idee inseguite. Indeciso se inscenare un racconto veramente corale o concentrarsi, dopo tanto tempo, su un'opera fortemente individuale, "Ritratto di famiglia con tempesta" ci fa ascoltare molte battute che paiono sottolineature di concetti, didascalie a margine veramente insolite per il cinema del regista giapponese. Vi sarebbe anche da evidenziare una certa invisibilità della città sullo sfondo delle vicende: che i suoi film fossero ambientati a Tokyo o altrove, le città giocavano sempre un ruolo centrale per Koreeda che, stavolta, non riesce ad annichilirci con le sue riprese in campo largo, quelle istantanee di vita nipponica capaci di sorprendere e atterrire.
Ci sarebbe anche un ragionamento da fare sul cambio di registro: Koreeda passa stavolta dal dramma alla commedia e il tono brillante risulta meno congeniale al suo cinema. Certo, si sorride, di un'ironia scanzonata che prova a mettere alla berlina gli stereotipi della società tipica del Paese del Sol Levante. Ma quel prodigioso equilibrio fra leggerezza e profondità, fra delicatezza e durezza, caratteristiche per le quali la filmografia di Koreeda ci appare come un corpo unico e solidamente compatto, stavolta si perde. Formalmente impeccabile e probabilmente confezionato su misura per il cinefilo occidentale che prende autori giapponesi, di volta in volta, come miti passeggeri anche per il loro fascino esotico, "Ritratto di famiglia con tempesta" ci lascia un retrogusto di incompiutezza, un senso di "produzione commerciale" su misura per ciò che lo spettatore abituale sa e vuole aspettarsi da Koreeda. Non resta che tornare ad attendere ansiosamente la prossima svolta, per altro già annunciata, di quello che resta uno dei più grandi cineasti in attività.
cast:
Hiroshi Abe, Yoko Maki, Yoshizawa Taiyo, Kirin Kiki, Rirî Furankî
regia:
Hirokazu Kore-eda
titolo originale:
Umi yori mo mada fukaku
distribuzione:
Tucker Film
durata:
117'
produzione:
Aoi Promotion
sceneggiatura:
Hirokazu Kore-eda
fotografia:
Yutaka Yamazaki
montaggio:
Hirokazu Kore-eda
costumi:
Kazuko Kurosawa
musiche:
Hanaregumi