Dopo undici anni da “Caos calmo” e dopo una lunga immersione nel mondo della serialità televisiva, Antonello Grimaldi torna ora al grande schermo con una produzione della quale è difficile cogliere l’intenzione e l’identità: “Restiamo amici” è una commedia nella quale si ride pochissimo e si storce parecchio il naso e che, nonostante gli indizi di un timido ascendente monicelliano, manca totalmente della componente tragica, di uno sguardo ironico e critico nei confronti della realtà, nei cui cliché sembra al contrario adagiarsi con una certa compiaciuta comodità[1].
Prodotto più adatto al piccolo schermo che alla sala cinematografica, il film racconta le avventure di tre amici, quarantenni mai cresciuti, ognuno dei quali sta a impersonare una precisa maschera umana: il bel vedovo affascinante e moralmente ineccepibile, il radical chic iellato e in crisi matrimoniale e l’avventuriero imprevedibile, cinico e senza regole, che trascinerà gli altri due nella sua ennesima bravata: per poter ereditare i tre milioni lasciati dal defunto padre, Gigi (un Alessandro Roja che è certamente il migliore del trio) ha bisogno di un erede, ma non avendo mai avuto figli ed essendo ora in punto di morte, chiede la collaborazione dei compari Alessandro e Leo (Michele Riondino e Libero De Rienzo) per escogitare una truffa che gli permetta di impadronirsi finalmente del capitale paterno.
Il risultato è un’opera che rimane imperniata in una comicità smunta, con poche battute e inefficaci. La causa di ciò può essere rinvenuta in due fattori: la prima è la debolezza della sceneggiatura, che richiede al pubblico una sospensione dell’incredulità difficilmente mantenibile per l’intera durata del film, caricata di colpi di scena affatto prevedibili e di situazioni poco probabili, che dopo un po’ finiscono per stancare lo spettatore e per denunciare una scarsa accuratezza in fase di scrittura. Il secondo problema è la difficoltà ad andare oltre il livello superficiale nell’analisi di personaggi e situazioni: una superficialità che, anziché assumere i vizi e le bassezze dei protagonisti come bersaglio comico-critico, come leva su cui esercitare l’ironia, li fa propri, condividendo i cliché e gli stereotipi dei propri eroi, primo tra tutti una certa misoginia difficilmente ignorabile, che tende a caratterizzare tutti i personaggi femminili come menzogneri, individualisti e inaffidabili, come ostacoli che inficiano il piano criminale di Gigi.
Anche la componente tecnico-stilistica non colpisce, appiattita com’è in una logica di tipo televisivo, con una innaturale precisione nella disposizione delle scenografie (il curatissimo arredamento delle case di uomini descritti però come negletti e trasandati), delle luci, nell’utilizzo del trucco (i volti e le acconciature sempre perfette, anche dopo un ricovero ospedaliero) e dell’accompagnamento musicale, a cui si aggiunge l’incapacità di sfruttare i magnifici panorami della location alpina, che rimane concentrata su vicoli urbani e interni, rinunciando ad allargare il piano dell’inquadratura alle montagne e ai paesaggi circostanti.
Pare insomma esserci gran poco di salvabile in questo “Restiamo amici”, che nel tentativo di celebrare le virtù dell’amicizia senza tempo, fatica invece a riconoscere i propri sbagli.
[1] (Attenzione: la nota contiene anticipazioni sulla trama) Si comparino, ad esempio, la morte del Perozzi in “Amici miei” con la morte di Gigi nel film in questione: comparazione giustificata da una serie di rimandi e somiglianze. Se nel capolavoro monicelliano la morte irrompeva nella commedia come un elemento destabilizzante che poneva in qualche modo un muro insormontabile alle "zingarate" a all’ingenuità dei protagonisti, portando a galla un substrato drammatico che neanche la beffa poteva rimuovere; qui la morte diventa essa stessa buffoneria, scherzo, presa in giro. Tale rimozione della barriera della realtà, del muro del dramma, finisce per rendere il tutto eccessivamente cartoonesco e inibisce la capacità riflessiva dell’opera.
cast:
Michele Riondino, Alessandro Roja, Violante Placido, Sveva Alviti, Libero De Rienzo, Ivano Marescotti
regia:
Antonello Grimaldi
distribuzione:
01 Distribution
durata:
87'
produzione:
Minerva Pictures, Rai Cinema
sceneggiatura:
Marco Martani, Raffaello Fusaro, Walter Lupo
fotografia:
Maura Morales Bergmann
scenografie:
Walter Caprara
montaggio:
Angelo Nicolini
costumi:
Roberto Conforti
musiche:
Pivio e Aldo De Scalzi