L'Islanda è senz'altro un'isola felice nel mare dell'Unione Europea, oltre che un'incantevole meta di viaggi, eppure il suo cinema è piuttosto trascurato rispetto ad altre realtà scandinave, Svezia e Danimarca in particolare. Tant'è che si parla più spesso delle location islandesi mozzafiato utilizzate in produzioni internazionali (americane ma anche asiatiche) che non dei film che vengono realizzati dai talenti locali.
"Rams" di Grimur Hakonarson, vincitore la scorsa primavera di "Un Certain Regard" a Cannes e in corsa sia per l'European Film Award sia per l'Oscar, ora in uscita nelle nostre sale grazie a Bim Distribuzione, rappresenterà per molti una buona occasione per avere un saggio del cinema realizzato dalle parti di Reykjavik. Come il film che selezionarono per l'Academy lo scorso anno, "Of Horses and Men" di Benedikt Erlingsson, anche "Rams" parla di animali e di una cultura rurale messa a rischio in una società che evidentemente sta cambiando. Al posto degli equini stavolta c'è una specie ovina piuttosto rara e in particolare un bellissimo montone.
Al centro della vicenda però ci sono due fratelli, Gummi e Kiddi (interpretati rispettivamente da Sigurður Sigurjónsson e Theodór Júlíusson, due tra i più ammirati interpreti isolani). Come in tanto cinema e letteratura del passato, i due vivono l'uno accanto all'altro e svolgono la stessa professione (sono entrambi pastori, come da tradizione familiare) ma praticamente non si parlano da quarant'anni. Le motivazioni di questa freddezza non ci vengono mai spiegate chiaramente, nonostante qualche accenno a disposizioni testamentarie da parte dei defunti genitori. Man mano che il film procede però si nota che il legame fra i due nonostante la freddezza è profondo. La vicenda possiamo dire che viene messa in moto quando il montone di Kiddi sconfigge quello del fratello-rivale in quella che per la valle dove vivono è un'importante competizione. Gummi, evidentemente poco sportivo, nel controllare se il giudizio della giuria è stato corretto nota che l'animale presenta i sintomi della scrapie, malattia ovina incurabile e molto contagiosa che colpisce cervello e midollo osseo. I veterinari cittadini non si erano accorti della cosa ma, una volta confermati i sospetti, non tardano a prendere provvedimenti drastici e tragici per tutti i pastori della zona: tutte le pecore devono essere abbattute. Kiddi si rifiuta di sottomettersi alle richieste ma contro le autorità c'è poco da fare. Gummi, apparentemente più tranquillo e remissivo, sembra accettare e, sebbene a malincuore, decide di abbattere personalmente il suo amato gregge. Per i pastori, le pecore non sono solo un mezzo di sussistenza, ma anche un elemento cardine della loro vita; una volta rimasti senza molti di loro prendono la decisione non solo di cambiare lavoro ma di abbandonare i luoghi dove le loro famiglie hanno magari vissuto per secoli. Quindi non è una grande sorpresa per lo spettatore quando scopre che Gummi ha comunque deciso di salvare dalla mattanza alcune pecore e l'amatissimo montone per far sì che la specie e secoli di tradizione possano continuare. Non sarà però facile sottrarsi alle severe disposizioni delle autorità mediche, sarà mica il caso di seppellire l'ascia da guerra e chiedere l'aiuto del burbero congiunto che nel frattempo ha scoperto la cosa?
Non è la prima volta che negli ultimi anni dalle sezioni collaterali di Cannes vengono segnalati film con al centro tematiche animaliste ma certo il senso del dolore e compassione che suscita "Rams", lo rende un'opera diversa dai precedenti, come ad esempio l'ungherese "White Dog" di cui si è scritto qualche tempo fa. Ma il film non fa leva esclusivamente su questo, poichè Hakonarson, apprezzato anche come documentarista e qui al secondo lungometraggio, si dimostra piuttosto abile a bilanciare il registro tragicomico della vicenda, tanto che talvolta si pensa a maestri scandidavi come Kaurismaki e Andersson. Nell'ultima parte il regista abbandona il tono modulato che aveva dominato tutto il film in favore di un'impennata di ritmo che accompagna ad una conclusione tronca ma comunque suggestiva e nella quale ai modelli già citati si vanno ad aggiungere Kurosawa, il nostro Ermanno Olmi e tanta letteratura nordica (dalle saghe mitiche ad alcuni recenti autori popolari). Alla riuscita del film contribuiscono gli egregi contributi dello scenografo Bjarni Massi Sigurbjornsson, del compositore Atli Örvarsson e soprattutto del direttore della fotografia Sturla Brandth Grøvlen (acclamato per il suo lavoro nel film tedesco "Victoria" di Sebastian Schipper), grazie ai quali si riesce non solo a sfruttare la rinomata bellezza dei paesaggi islandesi ma a cogliere negli interni una quotidianità meglio di altri acclamati film recenti.
15/11/2015