Tutti gli esseri umani riconoscono il diritto alla rivoluzione; vale a dire, il diritto di rifiutare obbedienza e di resistere al governo quando la sua tirannia o la sua inefficienza sono grandi e intollerabili. Ma quasi tutti dicono che attualmente non ci troviamo in questa situazione.
Henry David Thoreau, Disobbedienza civile.
"Qui" è un film politico, di denuncia si sarebbe detto una volta, che parla in maniera chiara e di parte. Finalmente.
In un periodo in cui una cosa deve essere raccontata spiegando le ragioni di tutti con il risultato di un'assoluzione totale è importante invece che qualcuno si assuma la responsabilità di un'idea. Daniele Gaglianone si espone su un tema che in Italia sembra quasi tabù, sul quale il mondo politico pare schierato in totale e armonioso accordo (nemmeno i mondiali di calcio riescono a essere collanti tanto potenti), i giornali dimostrano una scarsa libertà di opinione e l'apparato culturale di conseguenza non si pronuncia in merito (Erri De Luca insegna cosa significa esporsi in questo caso).
Il regista torinese sceglie una strada che ad un occhio distratto potrebbe sembrare superficiale mostrando esclusivamente i cosiddetti NOTAV e dando loro voce. La controparte viene evitata, messa solo come citazione a inizio film, in cui si riporta un dialogo avuto da Gaglianone con un poliziotto. Lo Stato non viene interpellato, così come nemmeno chi invece è a favore dell'opera. Ma il documentario non è un servizio di Report, non deve ricostruire i fatti, non deve riassumere tutti i dati e mostrare i molteplici lati della vicenda. O almeno non questo documentario.
Perché "Qui" è un film sulla situazione in Val Di Susa, ma potrebbe essere un film su qualunque situazione simile in Italia o anche nel mondo. "Qui" parla di come diversi cittadini siano costretti a ripensare a loro stessi, alle proprie convinzioni su concetti che si danno per scontati in questo Paese. L'idea, per esempio, di democrazia: può la democrazia usare metodi chiaramente antidemocratici per autosostenersi? Può la democrazia farsi tirannica nel momento in cui non può o non vuole cercare un dialogo con i propri cittadini? E gli stessi cittadini come si comportano in una situazione di democrazia sospesa?
Gaglianone segue otto casi particolari, dieci persone in tutto, per poter rappresentare la molteplicità dei punti di vista di chi da più di vent'anni cerca di far sentire le proprie ragioni: dalla cattolica che organizza gruppi di preghiera nei boschi all'antagonista di Radio Blackout che ricorda con orgoglio i momenti passati con i compagni, passando per l'ex sindaco di un Comune della valle fino ad arrivare ad un carabiniere in congedo e a una famiglia di Susa che non sa che fine farà la loro casa. Queste e altre persone vanno a completare un vasto campionario di manifestanti valsusini senza la pretesa di essere esaustivo.Tranne l'antagonista, che probabilmente per formazione culturale è votato alla lotta quasi come missione, tutte le persone intervistate dichiarano la propria estraneità iniziale ad un tipo di lotta sociale e politica. Quasi a voler dire che prima degli eventi legati alla valle, la fiducia nello Stato, nella democrazia in senso più ampio del termine, fosse incrollabile. Come se le persone fossero state obbligate a ripensare al loro ruolo nella società a causa della grande opera internazionale. Le domande che si pongono i protagonisti del film sono rivolte anche allo spettatore e alcune più di altre colpiscono il segno. Come ad esempio il carabiniere in congedo che si ritrova in piazza a scontrarsi con gli ex colleghi, e poi a casa deve spiegare al figlio che lui è un servitore dello Stato picchiato da altri servitori dello Stato. Ed è in questa cosa che il film di Gaglianone è così importante: perché in un certo senso si "dimentica" del TAV Torino-Lione per approdare ad un'indagine assai più profonda e specifica. E il titolo, così preciso, sta a sottolinearlo, dice il regista nell'intervista rilasciata a Ondacinema: "Qui è qui e non è là. Qui è dove sono io (un io generico) implicitamente. Quindi il titolo funziona sia come valore individuale sia come sistema universale, tutti gli individui sono nel proprio "qui". Ognuno può trovarsi in quella situazione".
Insomma un film che parte dal particolare per arrivare al generale, prendendo la situazione NOTAV della Val di Susa come paradigma generale di una falla del sistema democratico. Un film girato con pochi soldi e che avrà problemi di distribuzione ma che esprime un punto di vista forte e si prende le proprie responsabilità. Merce rara di questi tempi.
regia:
Daniele Gaglianone
distribuzione:
Pablo Distribuzione Indipendente
durata:
120'
produzione:
Baby Doc - Fandango
sceneggiatura:
Daniele Gaglianone, Giorgio Cattaneo
montaggio:
Enrico Giovannone