Cantore della generazione post sessantottina che agli inizi degli Ottanta si ritrovò priva degli ideali politici e culturali che nel bene e nel male avevano segnato l'esistenza di chi l'aveva preceduta, Giuseppe Piccioni attraverso i suoi film ha contribuito ad elaborare e poi, per volte successive, a definire il coté sentimentale ed emotivo di quella terra di nessuno che è stato il periodo seguito alla conclusione dell'età del terrorismo. Figlio del proprio tempo e autore a tutto tondo Piccioni in sede critica ha pagato in negativo tali caratteristiche che sono state scambiate più come la volontà di prendere le distanze da eventuali discorsi legati alla vecchia militanza che la fotografia reale di ciò che significava essere giovane nel periodo in questione. E questo, pur in presenza di qualità cinematografiche che erano parse oltremodo evidenti in quelli che ad oggi sono i suoi film migliori ossia "Fuori dal mondo", "Luce dei miei occhi" e "La vita che vorrei". Rispetto ai titoli appena citati "Questi giorni" - presentato in concorso della Mostra di Venezia - mantiene intatti gli interessi del regista come pure il minimalismo poetico con cui egli guarda alle vite dei suoi personaggi. A cambiare è., però, l'anagrafe del materiale umano, decisamente ringiovanito rispetto alle ultime uscite e, di conseguenza, i modelli (soprattutto antropologici e sociali) a cui fare riferimento. A fare da filo conduttore della storia non è più il malinconico rimpianto del tempo che fu né la paura di crescere di quarantenni delusi e disamorati. Caterina, Liliana, Anna e Angela infatti sono ragazze comuni di cui Piccioni racconta la perdita dell'innocenza e il transito alla vita adulta attraverso i dubbi, le contraddizioni e le pene che siamo soliti ritrovare nei cosiddetti riti di passaggio.
Date le premesse "Questi giorni" accetta di confrontarsi con un genere cinematografico inflazionato e stanco per le molte repliche a cui è stato sottoposto il canovaccio scelto da Piccioni. Il quale, consapevole dei rischi, decide di tradurre in immagini una sceneggiatura che riprende senza soluzione di continuità situazioni e luoghi della giovinezza che abbiamo conosciuto nelle commedie dei vari Muccino e Veronesi solo per fare due nomi - i più importanti - tra i tanti italiani che si sono esercitati sul tema. L'accelerazione necessaria a far traboccare il vaso e quindi a sollevare le problematiche che porteranno al cambiamento è, neanche a farlo apposta, una vacanza dalla vita di tutti i giorni e, perciò, il viaggio a Belgrado organizzato dalle amiche per accompagnare una di loro che ha trovato lavoro nella capitale serba. Costellato da tappe intermedie che, tra le altre cose, prevedono l'incontro con gruppo di coetanei stranieri che rischia di minare la coesione del sodalizio femminile, la frequentazione di un cinema occupato (come capitava in "Noi quattro" di Francesco Bruni), e la dolorosa scoperta della malattia che colpisce il personaggio interpretato da Maria Roveran, "Questi giorni" punta a evitare i cliché lavorando sulla forma del girato e scommettendo sulla straordinaria alchimia delle giovani attrici. La sfida è però vinta a metà perché se Marta Gastini (davvero brava) Laura Adriani, Caterina Le Caselle coadiuvate dagli ottimi Filippo Timi (nella parte del professore di cui una delle amiche è innamorata) e Margherita Buy (nel ruolo di madre e parrucchiera) riescono ad emozionare, portandoci più di una volta sulla soglia della commozione, cosi non succede alla messinscena che, specialmente nella prima parte (quella che precede il viaggio), è appesantita da estensioni temporali e scene subliminali che ottengono come risultato quello di rendere macchinosa la narrazione. E anche l'amore verso i personaggi che Piccioni lascia trasudare lungo l'interno percorso filmico non riesce a invertire la rotta di un film già visto.
cast:
Margherita Buy, Filippo Timi, Maria Roveran, Marta Gastini
regia:
Giuseppe Piccioni
distribuzione:
B.I.M. Distribuzione
durata:
120'
produzione:
11 Marzo Film
sceneggiatura:
Giuseppe Piccioni, Pierpaolo Pirone, Chiara Ridolfi
fotografia:
Claudio Cofrancesco
scenografie:
Valerio Faggioni
montaggio:
Alice Roffinengo