Non è né il motto politico che ha fatto vincere le elezioni americane a Obama, né quello riciclato in Italia (non però con la stessa efficacia) da Veltroni, quanto piuttosto l'incoraggiamento che il sindacalista Nello rivolge al suo gruppo di "matti", incitandoli a tirar fuori delle idee valide per iniziare un'attività lavorativa.
Ecco, si volesse trovare una possibile, iniziale chiave di lettura a questo film (accolto da ovazioni e applausi all'ultima Festa del Cinema di Roma), potremmo partire proprio col paragone suggerito dal titolo: niente a che vedere, quindi, con tematiche, ambientazioni o personaggi altisonanti, d'
élite. Qua c'è da "sporcarsi le mani" scendendo in mezzo alla gente comune, in mezzo ai poveracci e disgraziati del centro di recupero per malati mentali, affrontando problemi e questioni reali derivanti dalla difficile situazione sociale dell'epoca (siamo negli anni 80, la Legge Basaglia era stata appena approvata ma ancora molti dottori si ostinavano a vedere i "matti" come malati incurabili, e non come persone dalle potenzialità lavorative perfettamente usufruibili).
In questo scenario difficile si muove Nello (un ottimo Claudio Bisio, più che mai mattatore e capocomico), animato da una voglia di rivalsa sociale e personale e da uno spirito combattivo che lo ha portato a essere allontanato prima dal sindacato e poi persino dalla fidanzata (il tutto racchiuso in una fulminea quanto efficace sequenza iniziale: e chi da anni ci ammorba continuamente con presentazioni e/o voci fuoricampo infinite ed estenuanti dovrebbe davvero prenderla ad esempio).
La sua sfida, quella di creare una ditta di rivestimenti in legno
parquet con il gruppo di malati del centro di recupero (un
ensemble di attori più o meno bravi e convincenti, anche se a volte troppo calati nella tipizzazione classica del "matto" tutto scatti, tremolio e sguardo fisso nel vuoto) occupa sostanzialmente tutto lo sviluppo narrativo della trama, che ha il solo demerito di seguire un andamento in fin dei conti abbastanza prevedibile (difficoltà iniziali d'inserimento del protagonista, poi ambientamento e successo in crescendo, poi fatto drammatico che fa precipitare la situazione, poi crisi del protagonista, poi rivincita finale), ma che per il resto riesce a trattare in modo leggero, divertente (la scena del "presidente", bellissima) e soprattutto mai banale un tema comunque delicato, anche perché ispirato a storie realmente accadute in quegli anni.
A fare il resto, e a far pendere decisamente la bilancia verso il giudizio positivo, un cast di comprimari di tutto rispetto (la Caprioli e Battiston, di nuovo assieme dopo "Non pensarci", Bebo Storti, Giorgio Colangeli), ottimi dialoghi, e il piglio registico semplice e diretto di Manfredonia (reduce dal mezzo passo falso di "È già ieri", con Albanese, qui si rifà con Bisio) che ben si sposa col messaggio morale e sociale della pellicola.
Si può fare.
14/11/2008