Ondacinema

recensione di Alessio Cossu
7.5/10

Quando ci si imbatte in un film dal titolo manifestamente eccentrico nella sua lunghezza, non si può fare a meno di interrogarsi sulla presa effettiva che questo può avere sul pubblico. Immaginiamo lo spettatore odierno, impegnato nella frettolosa scelta della pellicola cui assistere: sempre meno tempo a disposizione; trailer che nel concitato montaggio delle immagini inevitabilmente sacrificano i ritmi di una visione più compassata; la tendenza a concepire il prodotto cinematografico nell’ottica di una fruizione “da fast food”, quasi bulimicamente compulsiva. La regista magiara Lili Horvát ha voluto fare una netta scelta di campo circoscrivendo il pubblico proprio a partire dal titolo, impostando cioè fin dall’inizio una lunghezza d’onda che esclude gli afecionados del pop corn. La Horvát confeziona un film psicologico dal ritmo non eccessivamente lento e che grazie a poche accorte ellissi e alla durata complessiva dell’opera ci immerge in una narrazione che non si discosta mai dall’hic et nunc. L’intreccio è infatti costruito in modo tale che la dimensione del passato è pressochè nulla, mentre quella del futuro non decolla in quanto gli ostacoli alla relazione dei protagonisti consentono di fare preparativi (da cui il titolo) per una meta che viene continuamente spostata in avanti. Possiamo dire che in "Preparativi per stare insieme per un periodo indefinito di tempo" l’orologio prevale sul calendario, l’oggi sul domani, il divenire sull’essere.

Eccezion fatta per l’incipit, in cui la protagonista con un’inquadratura soggettiva parla di sé al passato, abbiamo la sensazione di non discostarci da lei neppure quando lo fa la macchina da presa. Le linee narrative sono essenzialmente due: quella che mostra la relazione tra Marta e Janos e quella che contrappuntisticamente ne esplica (in parte) i risvolti interiori. La protagonista, infatti, convinta di avere disturbi della personalità, dialoga con uno psicologo. Il film nel suo complesso è tuttavia alquanto parco di parole, il che da un lato contribuisce a delineare efficacemente il carattere chiuso della protagonista e dall’altro cede alle immagini e – non da ultimo - alla musica il compito di parlare. Ad esempio, le musiche diegetiche del concerto cui assistono i protagonisti o quelle da loro udite in un piccolo antiquariato, diventando extradiegetiche ben oltre le sequenze in oggetto, ci dicono che i pensieri della protagonista ritornano a Janos e a quei momenti anche in sua assenza. Marta è un’affermata cardiochirurga alle soglie dei quarant’anni. La sua è una bellezza apparentemente algida: occhi di un azzurro celebrato dai primissimi piani nel corso delle sedute dallo psicologo e mascelle serrate su cui compare una bocca vermiglia e sensuale. Ma per quanto ravvicinata possa essere l’inquadratura, non riusciamo a cogliere fino in fondo e soprattutto a spiegare, a mettere ordine nei moti del suo animo. La donna ci appare contraddittoria, incerta, cubisticamente scissa dagli scavalcamenti di campo di alcune inquadrature in cui vediamo alternatamente il lato destro, poi quello sinistro del suo volto.

È questo ciò che la Horvát vuole dirci: non esistono psicologia, scienze o forme di progresso umano in grado di spiegare l’irrazionalità connaturata alle passioni. E il modo in cui tale tesi viene tradotta nella sceneggiatura è decisamente singolare. Vi è infatti un parallelo evidente tra il rapporto che gradatamente si instaura tra i due cardiochirurghi e la loro attività lavorativa. Il cervello umano tanto nella dimensione meramente anatomica, fisiologica e patologica, quanto in quella più volatile che passa attraverso l’elaborazione del linguaggio, e soprattutto come sede della insondabile gamma dei sentimenti che agitano la donna: per quanto dunque Marta possa essere acuta nelle diagnosi sui suoi pazienti, il bisturi che con tanta sicurezza impiega non è sufficiente a fare agevolmente ordine nella propria vita. Di qui l’incertezza, l’ansia, i preparativi…ma non si sa bene per cosa e soprattutto per quando. Smesso il camice, la donna si guarda intorno, nel suo appartamento, le cui vuote e sgomente pareti sono il connotativo prolungamento del senso di inquietudine dato dall’assenza di Janos. Marta non ha affetti familiari, sembra non avere un passato tranne quello lavorativo che si è lasciata alle spalle negli Stati Uniti. L’unica amicizia fa capolino tra i messaggi sul cellulare, cui lei, tra l’altro, non riserva poi tanta attenzione. Janos, a sua volta, incorniciato nel fisico da marcantonio, nasconde purtuttavia delle crepe che, in una sorta di postmoderno paraklausithyron, confessa alla porta di lei, sperando di poterne essere udito. E noi, con lui, ci chiediamo se là dietro Marta ci sia per davvero. È significativamente l’unica inquadratura fissa in cui vediamo l’uomo di spalle: nel momento di massima tensione narrativa, la Horvat ci nega il suo volto, giacchè la faccia l'uomo l’ha perduta ammettendo la propria dabbenaggine. Chissà quanto avrebbero gradito questa soluzione i registi nipponici Ozu e Mizoguchi!

A conferma della meritata patente d’autorialità cui aspira, il film è disseminato di metafore che per quanto sotto traccia emergono con la delicatezza perfettamente connaturata all’atmosfera della messa in scena: il negozio d’antiquariato, ad esempio, con le sue chicche d’alta fedeltà è un riferimento a quella coniugale; a quella diventata rara. Più smaccata invece la metafora che compare nell’inquadratura finale. Sono però soprattutto le lastre dell’encefalo dei pazienti o l’affaccendarsi dell’equipe neurochirurgica nella sala operatoria a dirci che quello della Horvát è più di un semplice resoconto di un legame sentimentale, perché il suo focus si appunta sull’ineffabilità, sul mistero che stanno dietro l’attrazione e i sentimenti che ne scaturiscono. "Preparativi per stare insieme per un periodo indefinito di tempo" non è e non poteva essere perciò una pellicola con scene di gelosia urlata o di sesso consumato al primo incontro. A dirci della passione crescente nella protagonista concorrono elementi apparentemente secondari,ma non meno cinematografici, come ad esempio il suo abbigliamento, che si fa più curato senza comunque eccedere mai nel vistoso o nel kitsch. Ecco un film che fa parlare i personaggi anche quando tengono la bocca chiusa. Onore al merito, dunque, anche alla costumista, poiché anche i dettagli distinguono un buon film da un’opera piatta e scontata.

Per il ritmo compassato e la narrazione al presente, Lili Horvát, pur rinunciando ai lunghi piani sequenza che li caratterizzano, ha tratto ispirazione dai grandi maestri suoi conterranei, quali Miklós Jancsó e Béla Tarr. Per la caratterizzazione del personaggio femminile in preda alle ossessioni, invece, i debiti maggiori sono quelli nei confronti della Madeleine de "La donna che visse due volte" di Alfred Hitchcock, e dell’omonima protagonista di "Adele H. – Una storia d’amore" di Francois Truffaut.  Innegabile anche la fonte d’ispirazione teatrale: in "Caterina di Heilbronn" di Heinrich von Kleist la sospensione della ragione e il peso invece attribuito all’inconscio, al desiderio e all’onirismo accostano la regista al poeta romantico tedesco. La Horvát, infatti, non solo fa pronunciare alla protagonista la parola "romantico" in apertura di film, ma in una sequenza nella quale Marta e Janos, separati da una strada, eseguono una sorta di balletto, traduce in immagini il concetto che Kleist aveva concepito per il quarto atto della sua opera: che due innamorati parlino la medesima lingua o, meglio, abbiano lo stesso ritmo. "Preparativi per stare insieme per un periodo indefinito di tempo" è stato presentato per le Giornate degli Autori a Venezia ‘77, oltreché al TIFF ’45 ed è stato in corsa per l’Oscar nel 2021. È il secondo film della regista ungherese e viene dopo il convincente debutto di "The Wednesday Child".           


18/03/2023

Cast e credits

cast:
Linda Moshier, Attila Mokos, Andor Lukáts, Péter Tóth, Zsolt Nagy, Benett Vilmányi, Viktor Bodó, Natasa Stork


regia:
Lili Horvát


titolo originale:
Felkészülés meghatározatlan ideig tartó együttlétre


distribuzione:
Cineclub Internazionale


durata:
95'


produzione:
Poste Restante


sceneggiatura:
Lili Horvát


fotografia:
Róbert Maly


scenografie:
Mihály Tápai


montaggio:
Károly Szalai


costumi:
Juli Szlávik


musiche:
Gábor Keresztes


Trama
Nel corso di un convegno di neurochirurgia, Marta conosce il connazionale Janos e i due, senza dire o svelare molto altro di sé, si danno appuntamento a Budapest di lì a pochi mesi. Quando giunge il giorno prefissato, Janos diserta l’incontro. Marta, incontratolo casualmente in un secondo momento, quando l’uomo nega di conoscerla, sviene. Una volta ripresasi cercherà instancabilmente di rivedere Janos.