Di Gregorio, sceneggiatore e aiuto regista di Matteo Garrone, in fin dei conti deve sicuramente un grazie al suo socio: come per ricambiare il favore, il regista di "Gomorra" ha messo soldi, nome (in veste di produttore) e "nume autoriale" in questa deliziosa e riuscitissima commediola, nella quale il suo collaboratore si espone in prima persona come regista e attore principale; l'ha sponsorizzata non poco e l'ha aiutata così, in un certo senso, ad arrivare anche al premio come Migliore Opera Prima a Venezia, dove comunque era fuori concorso.
Vero è che il legame tra i due appare quantomeno appropriato ancor più dopo la visione di "Pranzo di Ferragosto": ad avvicinarli è, se non altro, lo stile semi-documentaristico della pellicola, con la macchina da presa intenta a seguire personaggi, dialoghi e situazioni in modo semplice, lineare, diretto, senza troppi virtuosismi. Anzi, come a voler "attestare" ulteriormente sullo schermo la presenza di persone, prima che di personaggi, ci si sofferma spesso e volentieri sui dettagli fisici delle attempate attrici: rughe, grinze, macchie epidermiche, dita nodose o storte non si erano mai viste in modo così esplicito, sottolineato, eppure al tempo stesso l'impressione che ne si trae è tutt'altro che quella di un inesorabile senso di rassegnazione al decadimento fisico.
Sì, perché ciò che più colpisce ed impressiona di questo film è, senza dubbio, la sponteanea e trascinante vivacità delle quattro nonnine protagoniste, tutte rigorosamente over-ottanta. Signore niente affatto preoccupate della loro avanzata età, intente a discutere, bisticciare, fare i capricci, truccarsi e "farsi belle" se serve, chiacchierare e spettegolare di uomini (che siano figli o future conquiste!), persino pronte a "passare all'azione" se si presenta l'opportunità (e quella scena è favolosa). Vogliose quindi in fin dei conti solo di una cosa: socializzare, cosa sempre più rara ad una certa età.
In alcuni momenti, poi, si ha netta l'impressione che per farle recitare Di Gregorio non abbia dovuto nemmeno sforzarsi troppo per creare il personaggio a loro adatto: è il caso della mamma novantenne, per dire (simpatica, sveglia, altolocata, persino erudita nel linguaggio), ma anche e soprattutto in quello della zia Maria, così autentica da risultare sorprendente.
Insomma, si parte da un espediente narrativo minimo, esiguo (dover ospitare tre donne nella propria casa per un giorno) e ci si costruiscono sopra dialoghi, scenette, situazioni a volte strambe e a volte buffissime (tutto l'episodio della pasta al forno, per esempio), senza forzare la mano ma anzi, lasciando quasi che i personaggi interagiscano fra loro spontaneamente.
Di Gregorio, che ha rinunciato a chiamare per la sua parte un attore famoso proprio perché si è reso conto che la storia che aveva scritto era talmente autobiografica da non poter essere interpretata da altri, tiene a bada il gruppo di nonnine con una recitazione sorniona, posata, quasi confidenziale.
Tuttavia attenzione: se qualcuno può pensare che tutta questa positività possa scadere in un facile buonismo di sentimenti, si sbaglia di grosso.
Di Gregorio lo sa e difatti rovescia furbescamente e malignamente lo stereotipo del "figlio mammone": quello che non se ne va di casa neanche a cinquant'anni, che legge alla madre le novelle a letto ma che è anche disposto, se questa comincia a diventare intralcio per i suoi progetti di ferie, a "sbolognarla" al primo malcapitato; oppure che si dimostra assai volubile di intenti e di morali se a comandare c'è qualcosa di ben superiore al volere materno, vale a dire quello del denaro.
E così si finisce amaramente per constatare che anche le persone anziane sono costrette a comprarsi, ora dopo ora (letteralmente!), la propria felicità.
cast:
Gianni Di Gregorio, Valeria de Franciscis, Alfonso Santagata, Marina Cacciotti, Maria Cali, Grazia Cesarini Sforza, Luigi Marchetti, Marcello Ottolenghi, Petre Rosu
regia:
Gianni Di Gregorio
distribuzione:
Fandango
durata:
75'
produzione:
Matteo Garrone
sceneggiatura:
Gianni Di Gregorio
fotografia:
Gian Enrico Bianchi
scenografie:
Daniele Cascella
montaggio:
Marco Spoletini
costumi:
Silvia Polidori
musiche:
Ratchev & Carratello