Presentato all'edizione numero sessantacinque del Festival di Venezia con un ottimo riscontro di pubblico e critica, esce in sala l'ultima fatica di Hayao Miyazaki e del suo Studio Ghibli, quel "Ponyo sulla scogliera" che, pur ispirato alla visione dell'"Ofelia" di Millais oltre che alla "Sirenetta" di Andersen, è stato a torto inquadrato come una semplificazione del suo cinema, un'involuzione verso uno stile adatto esclusivamente a un pubblico infantile.
Al di là dell'errore di considerare i film per bambini come una forma d'arte minore, l'equivoco nasce da una serie di elementi, che andiamo a sviscerare. In primis la rinuncia sostanziale alla computer graphic e la dichiarazione d'intenti del regista, che ha concepito il film in modo tale da risultare accessibile anche (che non vuol dire "solo") a un bimbo di cinque anni, per proseguire con una evidente linearità narrativa, riscontrabile nella presentazione dei protagonisti e delle relazioni tra loro intercorrenti. Due esempi: nella prima sequenza del film il gioco di sguardi tra tre dei personaggi principali, ovvero Brunhilde, pesce dalla testa e la gestualità antropomorfe e dai poteri magici, e suo padre Fujimoto, ex umano che per motivi imprecisati vive ora negli abissi, poi la stessa Brunhilde e il bambino Sosuke. I tre si intravedono a vicenda, si scambiano delle occhiate fugaci e solo in un secondo tempo svelano i reciproci legami narrativi: Fujimoto tiene prigioniera sua figlia, mentre Sosuke la libera da un barattolo in cui è incastrata procurandosi una ferita, che lei magicamente guarisce. Dall'altro lato, appare classico l'episodio in cui Sosuke e la pesciolina arrivano per la prima volta a comunicare, nel senso letterale di condividere gli stessi codici: Brunhilde parla nel linguaggio degli umani e il bambino le dà un nuovo nome, ribattezzandola "Ponyo" ("soffice"). Difficile immaginare un'empatia maggiore tra i due; ma ecco che il destino li separa immediatamente, dando il via a una canonica avventura che si concluderà con il ricongiungimento e la mutazione di Ponyo in bambina.
Altro elemento è la riproposizione di temi riconducibili all'universo poetico dell'autore e intellegibili da gran parte degli spettatori ormai familiari con il suo cinema (l'autocitazione della canzone di apertura de "Il mio vicino Totoro" ne è il culmine). Trattasi in particolare di sequenze di chiara derivazione autobiografica, che trovano origine nell'episodio che più ha segnato la memoria del regista, quello in cui durante la Seconda guerra mondiale i suoi genitori, per evitare di mettere a repentaglio la sicurezza della propria prole, rifiutarono di fermare il proprio camion per dare aiuto a estranei in difficoltà. Dal ricordo di tale evento Miyazaki fa derivare la pluridimensionalità dei suoi personaggi, mai buoni o cattivi in assoluto ma sempre per qualche causa più o meno precisa (qui in particolare il personaggio di Fujimoto cela un passato di cui nulla sappiamo), ma anche una serie di citazioni, in questo caso a contrario: le sequenze in cui Lisa (nella versione italiana Risa), la madre di Sosuke, prima ferma la propria auto per salvare Ponyo bambina dal maremoto, poi abbandona suo figlio per recarsi alla Casa del Girasole, l'istituto per anziane in cui lavora, onde accertarsi della condizione delle sue assistite; inoltre, quella in cui Sosuke e Ponyo navigano per il villaggio sommerso dalle acque prestando attenzione ad ogni richiesta di soccorso dei naufraghi che incontrano (ma rifiutando di imbarcare una bambina). Mentre sono completamente assenti le tanto amate scene di volo, ritornano invece una galleria, passaggio chiave della trama e una struttura narrativa basata sulla rottura e la ricomposizione di un equilibrio, enunciata esplicitamente dalla sontuosa Grandmammare, madre della pesciolina e regina dei mari.
Due ulteriori elementi si riallacciano al cinema del regista, ma meritano altresì attenzione per come sono qui declinati. La prevalenza, quanto a presenza e forza, dei personaggi femminili di ogni generazione è contemperata dall'attrazione che Sosuke nutre nei confronti di suo padre, che per quanto assente a causa della sua attività di capitano di una nave mercantile, è visto come punto di riferimento da suo figlio, il quale fa il saluto e indossa il berretto da marinaio, per poi porsi alla guida di un'imbarcazione e navigare sull'acqua che sommerge il villaggio. D'altro canto, la relazione tra l'uomo e una natura più viva che mai si configura come un rapporto di attrazione-repulsione assolutamente biunivoco. Se da un lato gli umani sono attratti dal mare (si vedano l'ampio movimento di macchina, per tener buona questa terminologia, che accompagna Sosuke nell'esposizione di un secchiello al fine di segnalare a Ponyo la propria presenza e la guida imprudente di Lisa, che sembra voler finire in acqua con la propria auto), dall'altro lato la stessa Ponyo, che in quanto pesce rosso dal volto umano è considerata dalle anziane della Casa del Girasole portatrice di sventure, ambisce a diventare una bambina in seguito al contatto col sangue di Sosuke.
"Ponyo sulla scogliera" è il primo lungometraggio che Miyazaki ha realizzato successivamente allo tsunami che ha devastato il Sud-Est Asiatico ed è improbabile, malgrado le smentite, che il regista non ne abbia tenuto considerazione, visto anche il soggetto del film. È interessante in questo senso notare come emerga una concezione della catastrofe naturale non solo come un qualcosa di ineluttabile e di assolutamente normale nel corso della storia, ma anche come l'occasione per l'inizio di nuove epoche basate sul rispetto reciproco tra natura e uomo, in cui la prima fa a meno della propria purezza (la "magia" a cui Ponyo rinuncia), mentre il secondo prende coscienza dei propri limiti. A un presente in cui la rete del peschereccio è un pericolo per l'ambiente da cui Ponyo proviene e le onde una minaccia per l'esistenza degli umani, viene contrapposto un passato più che remoto, quello risalente all'era del Devoniano, l'"Età dei pesci", epoca di grandi sommovimenti tellurici generatori di nuove forme di vita, come alcuni animali marini oggi estinti, di cui tuttavia - ed è l'aspetto più insolito e interessante del film - Ponyo e Sosuke possiedono una conoscenza atavica. Non è infine un caso che tra i naufraghi in cui si imbattono ci sia anche un neonato, dinnanzi a cui si soffermano.
Appare pertanto evidente come "Ponyo sulla scogliera" sia un'opera di notevole complessità che, al di là di qualche didascalismo e di pochi tempi morti, può vantare anche una considerevole ricchezza visiva (i contrasti cromatici sono lievi ma decisamente espressivi) e un buon impatto emozionale (complici le musiche di Joe Hisaishi: non le sue più originali, ma a tratti davvero trascinanti): un'opera insomma da non liquidare sbrigativamente collocandola nella categoria "film per bambini". È complicato tuttavia trovare tutte queste sfumature nell'edizione italiana: il doppiaggio tende a spianarle senza ritegno.
regia:
Hayao Miyazaki
titolo originale:
Gake No Ue No Ponyo
distribuzione:
Lucky Red
durata:
100'
produzione:
Studio Ghibli
sceneggiatura:
Hayao Miyazaki
fotografia:
Atsushi Okui
musiche:
Joe Hisaishi