Film muti in epoca sonora. Non privi di dialoghi, non infiniti silenzi alla Tsai Ming-Liang o personaggi "muti" come quelli di Jacques Tati. Parliamo di film che hanno come unico contributo sonoro basi musicali appositamente create, tra l'altro sulla scia di quelle adoperate negli anni 10 e 20.
Annosa questione: ci aveva provato un regista del calibro di Aki Kaurismäki, che nel 1999 realizzò "Juha", melò che si rifaceva alla tradizione finlandese, citando oltre il dovuto autori cardine del cinema muto. Risultato? Film che mirava alto senza colpire i bersagli che si prefiggeva.
Ci riprova nel 2006 l'eclettico australiano-olandese Ralf De Heer, che dichiara di aver cominciato a pensare al film dopo aver trovato, in un vecchio frigorifero, circa ventimila metri di pellicola vergine andati a male.
Perché? Cosa mai può spingere un regista a replicare e mimetizzarsi in un cinema tanto distante? Il silenzio che provoca una simile domanda suggerisce l'impossibilità di resuscitare quel cinema, il tentativo fallimentare a prescindere di un omaggio che può, al massimo, rimanere tale.
"Dr. Plonk" non ha forse la pretenziosità di "Juha". Comincia e prosegue come puro omaggio alle mute slapstick: fotografia (di Judd Overton) rigorosamente in bianco e nero, inseguimenti, spericolate cadute su bucce di banane, gag acrobatiche, scambi di persona, didascalie a schermo intero. Il tutto contenuto nell'idea base dei viaggi nel tempo.
Le singole sequenze assumono un'indubbia gradevolezza, all'insegna dello humor più leggero, seppur appartenente ad un'idea della settima arte che fa della devozione per il cinema degli albori la propria base sulla quale collocare ogni idea che passa su pellicola.
Il film convince meno quando abbozza l'incrocio tra epoca passata e quella contemporanea, chiudendo in un vortice d'azione che si fa ripetitivo e meccanico (l'esigua durata di ottantaquattro minuti poteva essere ulteriormente sfoltita). Sfiorando l'abusato tema del potere della televisione, capace di modellare concezioni e visioni dell'essere umano di fine novecento/ inizio duemila, riassume l'idea di fondo della critica alla civiltà dei nostri tempi. In questi salti temporali si ha una sorta di collisione tra personaggi trapiantati in una data epoca passata e i salotti benestanti di oggi. Sarà perché i personaggi sono bozzetti incollati da vecchie pellicole? Sarà forse un'ulteriore conferma di un cineasta camaleontico e generoso ma comunque mai in grado di apportare ad un proprio lavoro un'impronta autoriale che possa dirsi davvero incisiva? Tutto vero, ma è semmai soprattutto una conferma dell'impossibilità di immergersi in un cinema che ancora oggi sa regalare emozioni non replicabili.
"Dr. Plonk" è un film godibile se preso con leggerezza e garbo, ma forse soltanto da parte di coloro che conoscono a memoria le irreplicabili gesta di Charlot, Buster Keaton e Harold Lloyd.
cast:
Nigel Lunghi, Magda Szubanski, Paul Blackwell, Wayne Anthoney
regia:
Rolf De Heer
titolo originale:
Dr. Plonk
distribuzione:
Fandango
durata:
83'
produzione:
Rolf De Heer, Bryce Menzies, Sue Murray, Domenico Procacci, Julie Ryan
sceneggiatura:
Rolf De Heer
fotografia:
Judd Overton
musiche:
Graham Tardif