"È qui per lavoro o per piacere?". "Piacere", risponde con sorrisetto beffardo la diciannovenne svedese Linnéa, appena sbarcata a Los Angeles per diventare una stella del porno. Il fulminante incipit del primo lungometraggio di Ninja Thyberg lascia già trapelare quell'ironia tagliente, disincantata e tipicamente nordica che accompagnerà questo piccolo racconto di formazione, selezionato al Festival di Cannes 2020 e presentato al 37° Sundance. La chiave ironica non è l'elemento principale del film ma indubbiamente contribuisce ad alleggerire l'assunto "politico" dal quale la regista svedese parte per sviluppare la sua storia, ovvero: il porno è una fabbrica fatua di illusioni, dove per le donne non vi può essere scampo. Non una condanna della mercificazione sessuale in sé, insomma, quanto della discriminazione imperante in un settore prevalentemente rivolto ai maschi e dominato dalle loro leggi - oltre che dalle loro perversioni. Un muro di gomma d'iniquità contro il quale non è sufficiente neanche il massimo del cinismo e della sfrontatezza che una donna può essere in grado di esprimere. È questa almeno la convinzione di Thyberg, non nuova a riflessioni sull’argomento, visto che sul mondo hard girò anche un corto con lo stesso titolo nel 2013, basandosi sulle clip porno che aveva studiato durante l’università.
Per riuscire nell'impresa la regista svedese si è avvalsa di diversi attori prelevati direttamente dall'universo del porno, coinvolgendoli in un progetto di cui non è detto, però, che fossero pienamente consapevoli. Da qui alcune polemiche sorte in seguito, sulla loro presunta "strumentalizzazione" sul set. Ma torniamo indietro a quel gate di Los Angeles per riannodare il filo della storia...
Linnéa ha scelto come nome d'arte Bella Cherry ed è convinta di poter vivere appieno il sogno americano virato in chiave hard, conquistando fama e ricchezza sotto le luci (rosse) della più trasgressiva frontiera dell'entertainment a stelle e strisce. E anche se l’approccio non è dei più spontanei, trova presto la sua via, incoraggiata da commenti come "ho anche bisogno che tu sia un po' timida per questa scena, serve quell'innocenza, quel nervosismo". Un vero e proprio rituale di iniziazione che non risparmia allo spettatore i dettagli del "dietro le quinte", tra depilazioni, pratiche igieniche e altre varie accortezze del mestiere.
A differenza delle svampite colleghe con cui divide l’appartamento - Joy (Revika Anne Reustle), Ashley (Dana DeArmond) e Kimberly (Kendra Spade) - Bella è tuttavia mossa da un’ambizione superiore, che la spinge ad apprendere in fretta tutti i meccanismi necessari per la scalata all’olimpo dell’hardcore attraverso una sequela di incontri, party, complicità, provini e pratiche sempre più audaci e al tempo stesso umilianti. Fino a quando - forte finalmente del corredo di scene "estreme" e del numero di follower Instagram indispensabili per "attirare le folle" - riuscirà a diventare "una ragazza Spiegler" come l’affascinante e altera Ava (Evelyn Claire). Ovvero: sarà ammessa alla corte del laidissimo talent agent del porno americano Mark Spiegler (qui nei panni di se stesso).
Il costo umano, però, sarà pesante e doloroso, sia a livello individuale sia nei confronti delle amiche, costringendo la giovane svedese a una resa dei conti con se stessa - straziante, in tal senso, la telefonata con la madre dall'altra parte dell'oceano che la crede al lavoro in un bar e le spiega pazientemente: "Ci saranno sempre persone che vorranno buttarti giù, soprattutto se sei una giovane donna, ma sei tu che comandi e quando vuoi davvero qualcosa, puoi fare qualsiasi cosa".
Parallelamente alla traiettoria della parabola di Linnéa (l’esordiente Sofia Kappel, 24 anni, efficace soprattutto nel lato candidamente esuberante del suo personaggio), anche le inquadrature si fanno via via meno lineari e seducenti, più frammentarie e sconnesse, in una Los Angeles disadorna che da "City of Stars" si trasforma rapidamente in una babele anonima e alienante, quasi a testimoniare il crescente disagio che finisce col rimpiazzare ogni traccia del presunto "Pleasure" del titolo. Ed è forse proprio questo l’aspetto meno riuscito del film: lo schematismo d’impianto apertamente femminista di Thyberg finisce col fornire una rappresentazione un po’ manichea di un universo complesso come quello del porno, in cui le donne appaiono tutte vittime (ad eccezione della perfida Ava) e i maschi (quasi) tutti carnefici, falsi e inaffidabili anche quando si premurano di richiedere il consenso alle partner per le scene da girare. Una rappresentazione probabilmente vicina alla realtà in molti casi, ma esposta in modo un po’ troppo schematico e dogmatico per convincere appieno, tanto più perché giocata sull’ambiguità del coinvolgimento nel film degli stessi protagonisti di quel mondo (in pratica, l’intero cast tranne la protagonista).
Al di là della valenza del messaggio, comunque, "Pleasure" si dimostra efficace soprattutto come descrizione realistica di una parabola tipica dello showbiz, acuita dalla durezza del contesto, grazie a una messa in scena decisamente cruda e spesso disturbante, che osa fin dove pochi in passato avevano tentato di arrivare, se non in chiave prettamente grottesca (come l’irresistibile Von Trier di "Nymphomaniac"). E resta in ogni caso il coraggio di una denuncia lucida, espressa attraverso alcune sequenze di indubbia potenza visiva che Thyberg – autrice anche della sceneggiatura, assieme a Peter Modestij – gestisce in modo coerente con uno stile realistico, a tratti quasi documentarista, costruito su un montaggio serrato e spesso spiazzante.
Dal 17 giugno il film sarà disponibile sulla piattaforma Mubi.
cast:
Sofia Kappel, Zelda Morrison, Evelyn Claire, Chris Cock, Dana DeArmond, Jason Toler, Kendra Spade, Lance Hart
regia:
Ninja Thyberg
distribuzione:
Mubi
durata:
108'
produzione:
Plattform Produktion, Flamboyance Films, Grand Slam Film Production
sceneggiatura:
Ninja Thyberg, Peter Modestij
fotografia:
Sophie Winqvist
montaggio:
Olivia Neergaard-Holm, Amalie Westerlin Tjellesen
musiche:
Karl Frid