Premessa doverosa. Era lo scorso giugno quando Hollywood Reporter ha lanciato le prime indiscrezioni che vedevano la Gerwig accettare la regia del settimo adattamento cinematografico del celeberrimo capolavoro letterario di Louisa May Alcott. Decisione discutibile, si pensava. Una delle paladine del mumblecore e una tra le attrici più talentuose del movimento indipendente americano, compagna e co-sceneggiatrice di un certo Noah Baumbach. Lei che fa il suo esordio alla regia folgorando critica e pubblico preservando il proprio stile libero e dinamico. Lei, Greta Gerwig, accetta una mercenaria proposta di commissione da parte dell’industria hollywoodiana per mettere in scena l’ennesima, rischiosissima, rappresentazione sul grande schermo di "Piccole donne"? La delusione figlia del pregiudizio ha regnato indomita solo pochi mesi perché la visione del suo ultimo lavoro ha, per contro, avvalorato ancor più la freschezza creativa e la funzionalità della messa in scena da parte dell’autrice di Sacramento.
"Piccole donne" è prima di ogni altra cosa un metatesto autobiografico che si dispiega costantemente su due linee intrecciate, quella principale piuttosto fedele allo scritto della Alcott e quella creativa attraverso la quale il personaggio di Jo diventa l’alter ego indiscusso della regista. La meravigliosa performance di Saoirse Ronan facilita ancor più il rapporto affettivo e introspettivo tra l’opera letteraria e la crescita sentimentale della cineasta californiana, al punto tale da (in)fondere una rappresentazione multiforme che vede il romanzo sentimentale d’Ottocento, il cinema della Hollywood classica del Novecento e la creativa rivisitazione personale di una cineasta figlia degli anni Duemila. Non a caso, il film fa ricorso a un continuo rimbalzo tra tempo del racconto e flashback, creando una sorta di smarrimento nel pubblico, attorcigliando passato e presente allo stesso modo di quanto fa l’autrice col romanzo, il cinema e la libera rappresentazione/improvvisazione.
Eloquente è la sequenza nella quale Jo rifiuta la struggente dichiarazione d’amore di Theodore, rompendo addirittura l’afflato romantico della messa in scena in favore di un genuino imbarazzo che strappa un sorriso insieme a una lacrima. Da una parte la solennità della Alcott, dall’altra l’elegiaca leggerezza della Gerwig.
Molto importante è altresì la salvifica relazione tra madre e figlia, già ampiamente sviscerata in "Lady Bird". Molte sequenze indugiano su parole e sguardi tra Jo e la madre Marmee, creando una simbiosi imprescindibile tra l’identità della protagonista e quella della regista stessa.
"Piccole donne" rilascia inoltre una carica prorompente di freschezza, vitalità e femminismo (tutto quello in cui riuscì Cukor nel 1933 ma che mancava parzialmente a LeRoy nel 1949 e in toto all’ultimo adattamento del 1994). La fluidità del racconto unita alla funzionalità e all’attualità annullano di fatto il rischio di un’opera anonima e votata al solipsismo, dove la Gerwig ha anche l’occasione di dar sfoggio della propria abilità tecnica dietro alla macchina da presa, abilità a tratti obnubilata dalla presenza assillante dei contrappunti musicali di Desplat. A sorreggerla, un cast di altissimo livello tra cui spiccano la Ronan (fresca di nomination ai Golden Globes di pochi giorni fa), Florence Pugh e Timothée Chalamet. Non identificata invece la scelta di scritturare il francese Louis Garrel nei panni del tedesco Professor Bhaer (e a cui il doppiaggio in italiano dà il definitivo colpo di grazia).
L’ultimo lavoro di Greta Gerwig è in definitiva l’esempio di come si possa attingere a un soggetto trito e ritrito e riscoprirlo nuovo, personale e classico allo stesso tempo. È l’altresì la conferma di un’artista dalle doti indiscusse che anche dietro alla macchina da presa sorprende per la facilità nel mettere in scena le sue idee, il suo pensiero e la sua identità.
cast:
Saoirse Ronan, Louis Garrel, Bob Odenkirk, Meryl Streep, Timothée Chalamet, Laura Dern, Eliza Scanlen, Florence Pugh, Emma Watson, Tracy Letts
regia:
Greta Gerwig
titolo originale:
Little Women
distribuzione:
Warner Bros Italia
durata:
134'
produzione:
Pascal Pictures
sceneggiatura:
Greta Gerwig
fotografia:
Yorick Le Saux
scenografie:
Jess Gonchor
montaggio:
Nick Houy
costumi:
Jacqueline Durran
musiche:
Alexandre Desplat