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recensione di Matteo De Simei
7.5/10

Per una volta, quel "tratto da una storia vera" sembra aver mantenuto la sua promessa, quella di emozionare con spirito intelligente, riuscendo per alcuni tratti a toccare addirittura le corde del profondo. Tratto dal libro omonimo scritto da Martin Sixsmith ("The Lost Child of Philomena Lee" il titolo originale), "Philomena" non è semplicemente una lacrimevole vicenda di cronaca pronta per essere spiattellata sul grande schermo.

Irlanda, 1952. Philomena Lee è una donna che sta cercando in tutti i modi, da più di mezzo secolo, di riabbracciare suo figlio Anthony, strappatole dalle suore e affidato a una famiglia americana quando lei era ancora adolescente. La sua lunga, estenuante ricerca attira l'interesse di un giornalista politico rimasto da poco senza lavoro. Lo scheletro da cui trae forma la pellicola diretta da Frears non risiede nella sceneggiatura, pur ammirevole, per la quale il film ha ricevuto il premio Osella all'ultima Mostra del Cinema di Venezia. La colonna portante della pellicola di Stephen Frears è allora da ricercare soprattutto nell'impatto umano dei personaggi portati sullo schermo. Il che racchiude un discorso che va ben al di là della semplice performance della coppia di attori protagonisti. Presto, il film si addentra nelle due vite così diametralmente opposte: da un lato una donna di campagna, sobriamente salda al cattolicesimo che attecchisce da secoli nella sua terra (l'Irlanda, e in generale l'Europa, vecchio continente culla della civiltà) e dall'altro un uomo figlio della metropoli, disoccupato e depresso, alla ricerca dello status sociale e politico che solo fino a poco tempo fa gli apparteneva (gli Stati Uniti, simbolo del nuovo mondo progressista). Entrambi quindi "ricercano" qualcosa, come nel più classico di un on the road. Il contrasto che nettamente li divide per la prima parte dapprima si trasforma in uno stato d'essere universale e reciproco, poi si snoda abilmente in un unico canale, che è quello della tolleranza, di un'umanità indulgente, a tratti accorata ma sempre e comunque viva. In questo senso "Philomena" è un riuscito mixture di gioie, dolori, tristezze, sorrisi.
E se la pellicola riesce a trovare il giusto dosaggio tra la drammaticità della messa in scena e l'ironia che rimanda alla commedia, è merito soprattutto di Steve Coogan, comico televisivo britannico che ha creduto sino in fondo nel progetto, come attesta il triplice ruolo di attore (interpreta proprio il giornalista Sixsmith), co-sceneggiatore e produttore della pellicola. Coogan, cresciuto in una famiglia cattolico-irlandese, e Frears sono riusciti sapientemente a scoccare le inevitabili frecciate verso la Chiesa cattolica, equilibrando il peso altero della ragione in favore di una filantropia che sgorga incessante tra i fotogrammi della pellicola.

Dopo Helen Mirren, vincitrice dell'Oscar e della Coppa Volpi per "The Queen", il regista Stephen Frears si conferma una garanzia nel fare sfoggio delle sue attrici: Judi Dench è praticamente perfetta nel ruolo della donna dagli occhi colmi di sofferenza, pronta a raccontare al pubblico le sue pagine di vita vissuta sull'orlo dell'ingiustizia. E, alla fine, anche grazie al merito della Dench, è proprio l'immagine di questa donna a innalzare i cuori, il ritratto di una "donna magnifica, priva di autocommiserazione, che continua ad avere fede nonostante le ingiustizie subite" (Sixsmith dixit). Frears lo fa senza furbizia, senza sotterfugi. Per una volta, il cinema ha saputo raccontare e riproporre più che degnamente quella che è una "storia vera".


19/12/2013

Cast e credits

cast:
Judi Dench, Steve Coogan, Charlie Murphy, Simone Lahbib, Sophie Kennedy Clark


regia:
Stephen Frears


titolo originale:
Philomena


distribuzione:
Lucky Red


durata:
94'


produzione:
British Film Institute, BBC Films, Baby Cow Productions, Magnolia Mae Films, Pathé


sceneggiatura:
Steve Coogan, Jeff Pope


fotografia:
Robbie Ryan


scenografie:
Alan MacDonald


montaggio:
Valerio Bonelli


costumi:
Consolata Boyle


musiche:
Alexandre Desplat


Trama
Philomena Lee, una donna irlandese, viene costretta ad abbandonare suo figlio per andare in convento. Molti anni dopo, la donna, assieme al giornalista Martin Sixsmith, si mette alla ricerca del figlio