Assodata l'impossibilità della felicità, si affronta il peso della memoria nella coscienza individuale e collettiva. Si pensi a Trish che cresce i figli più piccoli con la verità che il padre, in galera per pedofilia, sia morto: il fatto che il figlio Timmy scopra casualmente chi fosse il padre scoperchia l'orrore nascosto. Al contrario però dell'esplosione rabbiosa che ci poteva essere in "Festen" di Vinterberg, Solondz constata le situazioni senza commentarle, se si eccettua l'uso d'una fotografia policroma che alterna tonalità pastello per i luoghi della famiglia Jordan (trasferitasi in Florida), che continuano in una spensieratezza di facciata, e colori più freddi per l'apparente ritorno alla vita dell'ex-marito Bill.
E poi l'ironia ovviamente, nerissima, posta al ribasso nel tentativo di mettere sempre più a disagio lo spettatore, anche se il tempo sembra aver usurato la cattiveria dell'autore. Nella serie di serrati dialoghi, spicca il prologo dedicato alla frattura tra Joy e Allen, che parte come una ricomposizione su un discorso già iniziato e si conclude con un'esplosione (Allen viene riconosciuto dalla cameriera come l'uomo che l'aveva molestata per telefono). Ed è da qui che parte il viaggio di Joy alla ricerca di una nuova se stessa e della sua famiglia: la guerra oltre a essere politica è naturalmente esistenziale e si combatte giorno per giorno. Se è indubbio che i fantasmi della nostra memoria ci perseguiteranno a vita, come ci sottolinea un po' retoricamente con gli squarci onirici di Joy, che dialoga coi suoi amori passati (a miglior vita), nel finale la richiesta di Timmy di fare un passo indietro, di poter perdonare ed essere perdonato sembra far aprire i personaggi di Solondz a una parziale speranza.
"Perdona e dimentica" si conclude quindi con il Bar Mitzvah di Timmy, che deplora l'ultimo suo errore da bambino (aver fatto credere alla madre che Harvey l'avesse "toccato") e reclama suo padre. Ed è infatti nella parabola di Bill che si percepisce il peso della colpa: uscito di galera, sentendo la propria responsabilità, la grave eredità, prima di scomparire dalla vita dei suoi cari si accerta che il figlio maggiore non sia rimasto deviato, segnato dai suoi geni. Dopodiché muore, non si sa come, ma lo si vede attraversare la strada sullo sfondo, nel finale, per poi smaterializzarsi. Anche lui un fantasma che ci perseguiterà, perché si può perdonare o dimenticare ma non entrambe le cose.
cast:
Shirley Henderson, Allison Janney, Ciarán Hinds, Michael Lerne, Dylan Riley Snyder, Ally Sheedy
regia:
Todd Solondz
titolo originale:
Life During Wartime
distribuzione:
Archibald Enterprise Film
durata:
96'
produzione:
Werc Werk Works
sceneggiatura:
Todd Solondz
fotografia:
Edward Lachman
scenografie:
Roshelle Berliner
montaggio:
Kevin Messman
costumi:
Catherine George
musiche:
Doug Bernheim