Ci sono diversi modi per incontrare le immagini di un film. Per alcuni c'è bisogno di accompagnarle a qualcosa di concreto, prendendo la trama come una sorta di bussola su cui orientare la propria attenzione per evitare di perdersi. Magari chiedendo ai personaggi di aiutarli a trovarne spiegazione. Altri, invece, preferiscono lasciarsi andare, facendosi trascinare dentro l'arcano che produce la vista quando coglie i legami e i rimandi che vi si nascondono dietro.
Per quest'ultima categoria di persone "Passing" di Rebecca Hall è quanto di meglio possa capitare per la capacità della neoregista di costruire un mondo in cui l'apparenza non è solamente un sostantivo (femminile, come i caratteri del film), legato al colore della pelle delle due protagoniste, e a quello che una delle due vuole far credere di avere per scampare alle conseguenze di una società razzista come quella americana degli anni 20, lontana dalle lotte per i diritti civili e dalla lezione dei loro leader su cui si è focalizzata la maggior parte dell'ultimo cinema afroamericano.
Perché l'apparenza è anche quella che la regia della Hall cerca di destabilizzare mettendo in scena un altro tipo di racconto, quello che prende piede a partire dalle sequenze iniziali in cui ad andare in scena non è nient'altro che il presentimento di morte legato all'incontro tra Irene (Tessa Thompson) e Claire (Ruth Negga), amiche d'infanzia destinate a ritrovarsi sposate e madri di figli nella Harlem dei Twenties. A dirlo non è solo l'importanza di un dettaglio come quello della caduta accidentale della bambola di pezza nera sul pavimento del negozio, destinato a risuonare in maniera drammatica rispetto a quanto accadrà nella scena conclusiva. Ma anche la sensazione di soffocamento che assale la donna una volta uscita dalla rivendita alla vista dell'uomo riverso a terra (come successo poco prima alla bambola), soccorso dai passanti mentre la donna si affretta a partire verso la meta che la porterà tra le braccia dell'amica.
La metafisica presente nell'assunto iniziale trova la sua coerenza nella scena seguente, decisiva nel completare la connotazione complessiva, allorquando, complice il bianco e nero scelto dalla Hall per illuminare la vicenda, Claire appare di fronte alla macchina da presa come una presenza fantasmatica, il viso dipinto da un biancore surreale che fa il paio con l'indefinitezza dell'ambiente che ne circonda la figura.
Fin dalle prime battute la capacità della regia è quella di affidarsi a un linguaggio che nel controllo del visivo trova il modo di comunicare oltre i fatti e le parole. Isolando un gesto ed elevandolo a simbolo di un'intera condizione. In questo senso è il dettaglio sulla mano di Irene, pronta a raccogliere la bambola per restituirla a chi l'ha fatta cadere, espressione di una deferenza verso il mondo - la società Wasp newyorkese - che la respinge. Così lo è il modo di presentarci le due protagoniste, attraverso una diversa dominante di colore - nera quella di Irene, bianca quella di Claire - destinata a entrare in contraddizione con la predisposizione positiva e negativa assegnata dalla sceneggiatura all'attitudine dei personaggi femminili. Così è la dialettica dei primi piani, con il volto scoperto ed esposto alla luce di Claire in contrasto con quello celato e scarsamente rischiarato di Irene, antitesi aggettivale (coperto e scoperto) designato non solo a diventare tratto comportamentale e specchio dell'anima delle due interlocutrici ma correlativo oggettivo di una condizione di ambiguità e di non detto ben più universale.
"Passing", dunque, costruisce le fondamenta di un mondo diviso in due per poi procedere a necrotizzarlo assottigliandone sempre più le distanze. Perché per la Hall il colore della pelle e ciò che ne consegue è solo uno dei mali. La questione qui è più profonda e riguarda le ambivalenze del comportamento umano. Nello specifico, il sentimento che proviene dal desiderio di essere accettati da chi invece ci detesta e l'imitazione che nasce dal basso nei confronti della classe dominante. Una cifra allo stesso tempo politica ed esistenziale che "Passing" fa convivere nel dramma di due amiche incapaci di recuperare il tempo perduto, sacrificato sull'altare delle sovrastrutture e dei riti della socialità.
Rispetto a un quadro del genere Claire rappresenta il corpo dello scandalo, destabilizzante sia all'interno della propria comunità per la libertà dei modi e dei costumi, sia all'esterno, nel momento in cui la sua appartenenza ad entrambi gli universi (per via del matrimonio che la lega a un ricco uomo d'affari) rischia di farne aumentare la conflittualità.
Da qui l'epilogo, inevitabile e sorprendente nella sua tragicità, che la Hall affida ancora una volta all'efficacia della messinscena, superba nel rendere la vertigine esistenziale dei personaggi attraverso una coreografia di istantanee - la salita delle scale che portano al party, la discesa delle stesse e ancora prima l'irruzione di un ospite indesiderato - nella quale il climax narrativo va di pari passo con quello visivo. Quest'ultimo capace di riassumere nello stesso spazio temi e motivi anticipati in apertura. Anche qui come all'inizio sono i dettagli più minuti a fare luce sul generale infingimento dei personaggi, con il dettaglio sulla mano di Irene ancora una volta decisivo - come in apertura - per dirimere la matassa di menzogne e di manipolazioni e per trasformare il presentimento di morte in realtà.
Presentato in anteprima al Sundance Film Festival 2001 e distribuito da Netflix, "Passing" è un esordio clamoroso per direzione, interpretazioni, fotografia, montaggio, scenografie. Si prevede incetta di nomination alla prossima edizione degli Oscar.
cast:
Tessa Thompson, Ruth Negga, André Holland, Bill Camp, Gbenga Akinnagbe, Antoinette Crowe-Legacy, Alexander Skarsgård
regia:
Rebecca Hall
titolo originale:
Passing
distribuzione:
Netflix
durata:
98'
produzione:
AUM Group, Flat Five Productions, Forest Whitaker's Significant Productions, Hungry Bull Productions
sceneggiatura:
Rebecca Hall
fotografia:
Eduard Grau
scenografie:
Nora Mendis
montaggio:
Sabine Hoffman
costumi:
Marci Rodgers
musiche:
Devonte Hynes