C'era una volta un orco buono. O forse, un padre giusto e menzognero. Un patriarca che proteggeva i propri figli e li mandava a uccidere i cattivi senza volto.
"Partisan", come tutte le favole più classiche, ha luogo in una città imprecisata e in un tempo indeterminabile, forse contemporaneo e alternativo a noi. Al centro un padre e il proprio figlio: Gregori (Vincent Cassel) e Alexander (l'esordiente Jeremy Chabriel).
Gregori ha portato a sè donne sole e abbandonate, lasciate forse vedove da un conflitto che non vediamo, che non è necessario spiegare e resterà sullo sfondo. Nel suo piccolo mondo plasmato dal nulla, giorno dopo giorno, ha creato il suo regno di bambini spensierati, sereni, dolcissimi, addestrati per uccidere sconosciuti nel mondo esterno, quasi come fossero innocenti commissioni. Alexander è il più grande tra loro, il più talentuoso, il più curioso e intelligente, il pupillo di Gregori. Ed è l'unica minaccia al suo piccolo impero. Gregori guida, forgia una morale, protegge. Alexander esegue, disobbedisce, ribalta lo status quo con purezza e ingenuità.
Ariel Kleiman, al suo esordio dietro la macchina da presa, dipinge un mondo in rovina con tutto il potere del non detto e dell'intravista, scelta di stile che gli consente di amplificare una metafora dai confini incerti. "Partisan" è una matassa pulsante di temi, spunti e riflessioni, ma soprattutto è una grande domanda che lascia allo spettatore la più pesante responsabilità di una risposta. Dell'impianto favolistico, insomma, rimane per lo più la ricerca di una morale - che, appunto, soltanto ricerca rimane.
Ambiguo e lucido, cinico e poetico: Kleiman per tutto il film sembra allontanarsi dal mettere a fuoco la realtà, tratta il suo film come un documentario ma lo punteggia di primissimi piani e duelli che sanno di melodramma - un melodramma schietto e nitido, ma pur sempre generatore di situazioni che catalizzano una tensione emotiva palpabile fin dalle prime scene.
Perché Kleiman ci mette davanti un mondo di forte ambiguità morale, ma paradossalmente radicato in un ideale puro: Gregori è una guida giusta, un'autorità morale buona e terribile, circondato da mogli allo stesso tempo figlie e sorelle: è un semidio che ha creato un'oasi di sicurezza in un mondo cupo e morente, ma è anche un mostro che ha addestrato un gruppo di bambini a uccidere senza pietà, senza metterli a parte dell'enormità dei gesti commessi. É anche un debole che non riesce ad affrontare al minimo incrinarsi della propria apparente infallibilità, che mente spudoratamente pur di non macchiare la propria figura. Un orco buono, come dicevamo. O un eroe terrificante.
"Partisan" si muove come favola morale irrisolta, toccando domande importante sulla natura umana, tra scelta e illusioni di scelta, tra arbitrarietà e giustizia, ma soprattutto pone un grosso punto interrogativo sul presente della società occidentale (e non solo?). Guardando il mondo di Gregori e Alexander, viene il legittimo dubbio che la nostra realtà sia un'utopia provvisoria la cui alternativa sembra essere l'autodistruzione, o un impietoso sogno ad occhi aperti di cui nessuno vuole prendersi le responsabilità. Kleiman lascia spalancato ogni interrogativo del film, fino a un finale irrisolto forse in modo (ironico, certo) irresponsabile.
Meritati quindi i riconoscimenti al Sundance: "Partisan" è un esordio solido, forse già troppo zeppo di ingredienti per risultare pienamente a fuoco, forse presuntuoso quel poco per permettersi di rallentare e insistere all'interno di un concept forte, che comunque non sembra mai svelarsi completamente. Ma che affascina e suggestiona
Quando si riaccendono le luci in sala, "Partisan" lascia in bocca una domanda così enorme che solo un bambino avrebbe il coraggio di rispondere.
cast:
Vincent Cassel, Jeremy Chabriel, Florence Mezzara
regia:
Ariel Kleiman
distribuzione:
I Wonder Pictures
durata:
98'
produzione:
Joshua Astrachan
sceneggiatura:
Sarah Cyngler, Ariel Kleiman
fotografia:
Germain McMicking
scenografie:
Sarah Cyngler, Steven Jones-Evans
montaggio:
Jack Hutchings, Chris Wyatt
costumi:
Sarah Cyngler, Maria Pattison
musiche:
Daniel Lopatin