Dopo due lunghi weekend di uscite, fra grandi pellicole americane e soliti sbiaditi cinepanettoni italiani (o presunti tali), esce nelle sale un ultimo titolo natalizio. Ma "Paddington" di Paul King, relegato a una distribuzione proprio nel giorno di Natale e presentato più che altro come film per bambini buono per un pomeriggio festivo, meriterebbe un'attenzione maggiore e non superficiale. Siamo innanzi tutto dalle parti di un mito vero e proprio della narrativa inglese, creato da Michael Bond e poi ripresentato in diversi libri nel corso dei decenni lungo sessant'anni. E da Londra l'epopea dell'orsetto parlante è presto diventata virale in decine di Paesi, tradotto in quaranta lingue e divenuto simbolo di un divertimento brillante per i più piccoli e non solo per loro.
Ma il salto al cinema non era mai stato tentato prima d'ora. Ci voleva il coraggioso e creativo produttore David Heyman per mettere in piedi una squadra di animatori, grafici, esperti di effetti speciali e, ovviamente, sceneggiatori, tutti in grado di non tradire l'immaginario collettivo alimentato da decenni di storie su carta. E la missione è assolutamente riuscita. Ritmato come un episodio felice della filmografia Pixar, ironico come una brillante commedia di Broadway, questo "Paddington" stupisce non solo per la stupefacente Cgi, capace di dare al piccolo orso protagonista un'espressività più reale del vero, ma anche per la raffinatezza della messa in scena e per la tenuta dell'impianto narrativo.
"Paddington" è infatti una commedia tout court, non un ulteriore esperimento di fusione fra live action e animazione. L'unico personaggio animato, il protagonista, è inglobato in una vicenda lineare, coerente, che proprio grazie al pragmatismo della sceneggiatura riesce nel mantenere sempre costante la cosiddetta "sospensione dell'incredulità" di un film fantasy. C'è poi tutto il discorso del film per bambini edificante che, a differenza di molti altri titoli similari, riesce a non invadere mai lo schermo con pedanti sottolineature didascaliche ma rimane sempre molto pudicamente nell'ombra, lasciando che il ritmo dell'azione dilaghi esattamente come le malefatte dell'orsetto protagonista. Eppure la "lezione scolastica" sull'accettazione naturale delle diversità è ripresa con una semplicità mai fastidiosa.
Dal Perù fino al centro di Londra, l'avventura di Paddington prende il via in circostanze persino tragiche, quelle di un disastroso terremoto che colpisce il suo Paese e costringe la sua "famiglia" a imbarcarlo verso il "Vecchio Mondo". E qui, incontrando una donna che è simbolo stesso di un cinema che accetta senza razionalizzare troppo gli elementi fantastici di un sogno su pellicola, farà in seguito ingresso in casa Brown per dare il via a una sarabanda di incidenti a dir poco rocamboleschi.
Ambientato in una capitale britannica colorata in stile pastello sul modello della Parigi di Jeunet, la pellicola diretta dal regista televisivo King esalta il garbo di uno stile di vita, tutto londinese, fatto di pudore e gentilezza che sembra senza tempo, proprio come il fascino di un'icona come il protagonista Paddington. A prestare la voce all'orsetto, in lingua originale, è il fascinoso Ben Winshaw, che dà all'animale peloso una voce profonda, signorile ma al tempo stesso comica. In Italia il doppiaggio del protagonista è stato affidato al "solito idiota" Francesco Mandelli che ha scelto un altro registro, per altro in linea con il suo timbro vocale, più acuto e "infantile".
cast:
Ben Whishaw, Hugh Bonneville, Sally Hawkins, Julie Walters, Jim Broadbent
regia:
Paul King
distribuzione:
Eagle Pictures
durata:
97'
produzione:
Studio Canal, Heyday Films, DHX Media
sceneggiatura:
Paul King
fotografia:
Erik Wilson
scenografie:
Cathy Cosgrove, Gary Williamson
montaggio:
Mark Everson
costumi:
Lindy Hemming
musiche:
Nick Urata