Alessandro è un cinquantenne cantante folk sardo, alcolizzato. Vive con la madre e in uno dei suoi momenti più cupi viene ricoverato con un T.S.O. Alessandro è uno che parla tanto, troppo quando beve. E non sa fermarsi mai, se non di fronte alle cose più grandi di lui. In ospedale conosce Francesca, una donna con problemi di droga e instabilità mentale a cui hanno tolto la custodia del figlio. I due si mettono in macchina alla ricerca del bambino. Andata e ritorno tra dolore e redenzione.
"Ovunque proteggimi" ha il ritmo del road movie, infarcito di momenti drammatici e comici ben dosati. Stemperare quello che poteva essere una storia troppo carica alla fine è utile al racconto e giova al film evitando quasi sempre un sentimentalismo stantio che troppo spesso affligge questo tipo di prodotto
La sceneggiatura del film è ben oliata, come si suol dire, con un paio di difetti e buchi perdonabili. Per entrare nel dettaglio, la prima sequenza a non funzionare è certamente quella dell'incontro con i genitori di Francesca, che serve a innescare il viaggio, ma è caricata (nella scena della madre in bagno) in maniera eccessiva. Il secondo dubbio sovviene nel momento dell'incontro fortuito di Alessandro con Gavino, suo compagno di suonate. Il fatto che si incontrino esattamente in quel luogo è curiosamente casuale. Ma son peccati veniali, che non si tratta certo di un una sceneggiatura ad ingranaggio.
Ci sono, dicevamo, tempi comici e drammatici che si susseguono uno con l'altro, e su diversi piani si fondono dando nell'insieme un senso di realismo non indifferente. Puntando alla sfaccettatura dei toni usati, infatti, il regista restituisce un bell'affresco del mondo.
Bonifacio Angius (al terzo film dopo "saGràscia" e "
Perfidia") è un regista da tenere d'occhio soprattutto per il lavoro con gli attori e i rispettivi personaggi. La sua capacità di mettere in scena la coppia di outsider è notevole, così come anche l'uso che fa dei paesaggi sardi che fungono da specchi dell'animo umano. Il personaggio di Alessandro, su tutti, è quello che funziona meglio: l'alcool, le macchine a cui gioca, la camicia, le parole. Un conflitto tutto interiore che macera e si sfoga di tanto in tanto. Alla ricerca di una salvezza, tanto umana, lontana. E tutto il malessere sembra svanire di fronte a una donna da amare, anche in un progetto improbabile (mettersi insieme per fregare i servizi sociali), come se fosse fuori la disfunzionalità. E Alessandro Gazale lo interpreta in maniera magnifica, con una fisicità possente e delicata.
Nel finale il film sembra, superficialmente, lasciarsi andare con l'happy end di cui non si sentiva il bisogno (che poi la storia filmica si chiude lì per pudore). E invece leggendone più attentamente il senso vien da pensare che non c'è redenzione, se non interna al sistema di riferimento, mentre, aprendo lo sguardo, emerge lo svolgersi di un nuovo dramma ulteriore.
"Ovunque proteggimi" è un film intelligente perché equilibrato, non vuole eccedere, ma allo stesso tempo nemmeno fare il solito volo radente. Cioè punta in alto, raccontando una complessità tanto viva quanto dolorosa, ma allo stesso tempo non rischia di bruciarsi grazie alla sua solidità narrativa. Praticamente Angius chiude un buon film proprio perché, riusando le parole dello stesso regista: "non c'è niente di Zavattiniano nel mio lavoro. Io non pedino nessuno, non guardo il mondo attraverso buchi di serrature, non osservo gli animali nella gabbia dello zoo. Io sono semplicemente già lì, dentro la gabbia, con loro, che sono tanti, troppi, la maggioranza silenziosa che nessuno ascolta, che nella realtà dei fatti è tutt'altro che marginale, anzi, è il vero centro del mondo".