Di tanto in tanto fa piacere ritrovare il teen horror, quel filone di film dell'orrore che vede un gruppo di adolescenti come protagonisti. Solitamente, il fascino di questo sottogenere è dato dalla commistione di più registri narrativi: al brivido, infatti, si affiancano momenti brillanti di riflessione o puro divertimento legati al percorso di vita che i giovani personaggi stanno intraprendendo. E poi, sia per motivi fisici che sociologici, scegliere come vittime predestinate/eroi coraggiosi di un horror dei quindicenni/ventenni contribuisce sicuramente a rendere il tutto più dinamico, brillante e veloce. Un trucco produttivo che conoscono bene grandi maestri del passato, ma anche del presente. Da Dario Argento a Wes Craven, passando per John Carpenter e John Landis, tutti i maggiori cineasti che si sono cimentati con l'horror hanno almeno una volta in carriera raccontato una storia che avesse come protagonisti dei ragazzi.
La Platinum Dunes di Michael Bay ha tentato di dare nuova linfa vitale al teen horror affidando al giovane e inesperto Stiles White, al suo esordio da regista dopo una gavetta da addetto agli effetti speciali e successivamente da sceneggiatore, un canovaccio che avesse come elemento principale l'evocazione degli spiriti attraverso la leggendaria tavola "Ouija". Già il soggetto di partenza non prometteva certo particolari guizzi di originalità, ma il dramma che porta questo filmetto di neanche un'ora e mezza ad affondare completamente è la totale mancanza di idee in fase di realizzazione.
Partendo da un suicidio di un'amica, un gruppo di adolescenti decide di ingaggiare una serie di sedute spiritiche per fare luce sulla morte della ragazza: fra momenti molto telefonati di pericolo incombente e piccole rivelazioni (largamente attese), la squadra di coraggiosi giungerà infine a individuare l'ennesimo fantasma non troppo cattivo, costretto alla condizione di malvagità per tutta una serie di motivi che non sveliamo a chi avrà la forza interiore di apprestarsi alla visione.
White, che ha anche scritto il film, dimostra di essere completamente ignorante in materia: non disegna i contorni dei protagonisti, non li differenzia, si limita a dare loro un nome e farli accomodare a un posto del tavolo. Il legame tra i personaggi, così come le dinamiche che ne scaturiscono sono assolutamente evanescenti, senza alcuna capacità di creare una minima partecipazione emotiva alle vicende umane sullo schermo. E così la scelta di ricorrere al teen movie viene completamente vanificata. A questo si devono aggiungere altre due colpe gravi. In primo luogo, va stigmatizzata l'inettitudine della messa in scena, inadatta per tutto il film a stimolare un minimo sentimento di tensione, paura, incertezza. Il racconto horror procede per stereotipi, trovate registiche banali e ridicole, c'è in effetti tutto il repertorio: gli effetti sonori ingombranti, i primi piani improvvisi su volti terrorizzati, elementi che entrano nell'inquadratura all'improvviso, sospensione dell'azione prima dell'inseguito colpo di scena. Tutto ampiamente prevedibile e intuibile parecchi minuti prima di quando vada in scena.
E poi c'è il discorso sulla censura e sul target di pubblico che un prodotto minimal come questo cerca di catturare. Impaurito esso stesso dai rischi dell'immagine realmente brutale e spaventosa, il film si autolimita, eliminando dalla messa in scena horror tutto ciò che contribuirebbe a renderla tale. Alla fine, quello che resta di un'operazione commerciale, ancor prima che artistica, è un brutto mini-thriller utile solo a riempire una serata disimpegnata e senza alcuna pretesa. Evitabile, ecco l'aggettivo giusto per chiudere questa recensione.
cast:
Olivia Cooke, Ana Coto, Daren Kagasoff, Douglas Smith, Bianca A. Santos
regia:
Stiles White
distribuzione:
Universal Pictures
durata:
89'
produzione:
Platinum Dunes, Hasbro, Blumhouse Productions
sceneggiatura:
Juliet Snowden, Stiles White
fotografia:
David Emmerichs
montaggio:
Ken Blackwell
musiche:
Anton Sanko