Collet-Serra ci riprova. Così come la "Dark Castle Entertainment", casa di produzione del recente horror americano e padre di memorabili "bidoni" tra cui spiccano "Gothika" (2003) e "
La maschera di cera" (2005), quest'ultimo diretto, guarda caso, dal trentacinquenne regista catalano.
Ci prova invece per la prima volta Leonardo Di Caprio, nelle insoliti vesti di produttore cinematografico, il primo a scommettere su questo thriller familiare dalle venature alquanto horror.
A prima vista "Orphan" ha tutta l'aria della (solita) pellicola che possiede troppe cose già viste, a cominciare dal genere, passando per gli argomenti trattati, sino alle tecniche audio e video utilizzate. Lo capiamo dalla promozione attuata dal film e soprattutto dalla visione del trailer. Insomma, sembrerebbe che non ci sia niente di nuovo in principio.
Pronta la smentita. "Orphan" parte alla grande, alimentando così un'insperata dose di fiducia: non senza un brivido introduttivo (un incubo sanguinolento e atroce sul parto) le battute iniziali descrivono con estrema asciuttezza un dramma familiare che vede la sua disgrazia non avere fondo (il passato parla di adulteri, problemi con l'alcol ma soprattutto di un bambino morto dentro la pancia della madre). Dramma che, strada facendo, assume sempre più le sembianze di un thriller (dapprima sembrerebbe metafisico) in concomitanza con l'entrata in scena di un nuovo e misterioso personaggio, una bambina dal viso dolce e docile di nome Esther.
Ma un'altra trasmutazione è in agguato: il racconto abbandona l'apparente tema metafisico (in stile
The Ring) lasciando così spazio ad un soggetto condizionato da uno stampo prettamente psicologico, sottolineato da sedute psichiatriche e da ricerche sulla personalità dissociata. Prima che il finale conferisca al film l'ultima (l'ennesima) variazione sul genere, un sottile horror legato al reietto umano e al campo medico.
"Orphan" ha il merito di essere un camaleonte capace di non consegnare allo spettatore nemmeno un minimo punto di riferimento su cui sostenersi. Per contro, i suoi continui movimenti sull'asse del genere cinematografico non gli consente di possedere una base solida su cui incentrare il film. Se i primi sessanta minuti rendono la pellicola un attento e feroce dramma psicologico (più che degno) volto ad implodere, i sessanta rimanenti esplodono in confusione e fughe narrative governate dai vari thriller,
light horror e (per non farci mancare nulla) da una pleonastica impronta splatter (l'improbabile braccio spezzato dalla morsa).
Meritevoli le interpretazioni di Vera Farmiga e della giovane Isabelle Fuhrman, davvero una gran bella sorpresa nel ruolo della "bambina cattiva". Co-prodotto e distribuito dalla Warner Bros. Picture.
Tra originalità e ridondanza, "Orphan" possiede qualcosa di strano, come Esther del resto.
17/10/2009