Da molti anni a questa parte, o almeno da quelli in cui abbiamo incominciato a seguire le vicende del festival di Locarno, è apparso subito chiaro che per certo cinema italiano - indipendente e lontano dai poteri forti - la manifestazione svizzera costituisce uno spazio anomalo e insperato dove la possibilità di un pensiero libero e non preconfezionato può ancora trovare le attenzioni che gli spettano. Una sorta di asilo cinematografico in cui gli autori più scomodi e meno convenzionali hanno trovato, e ancora trovano, un'insperata e quanto mai preziosa immunità intellettuale. In questa edizione è toccato a Silvano Agosti beneficiare della vetrina festivaliera con uno di quei film che un tempo si sarebbero definiti necessari. "Ora e sempre riprendiamoci la vita" è infatti qualcosa di più che un semplice (per quanto la parola sia poco corretta di fronte al genere in questione) documentario perché l'idea di Agosti, e delle immagini messe in campo dal suo film, è quella di far riflettere lo spettatore sull'eccezionalità - storica, politica e sociale - degli eventi accaduti nel decennio a cavallo tra il 1968 e il 1978. Per essere più specifici ed entrare nel merito dei contenuti trattati, degli anni che si aprono con la battaglia di Villa Giulia a Roma in cui gli studenti romani si scontrarono con la polizia nel tentativo di riconquistare la facoltà di architettura a quelli conclusisi con l'omicidio di Aldo Moro da parte delle Brigate rosse.
Il film di Agosti scandisce la narrazione attraverso i capitoli di un ideale libro di Storia in cui l'elemento documentale è accompagnato dalle testimonianze di alcuni dei protagonisti di quegli avvenimenti, raccolte dallo stesso regista nel corso degli anni e inserite a mo' di commento nell'accurata ricostruzione offerta dalle immagini di repertorio. In questo modo l'alba del 68, salutata in Italia dalla nascita del movimento studentesco e di quella di gruppi della sinistra extraparlamentare quali Potere Operaio, precede senza soluzione di continuità la fase delle manifestazioni di piazza e della radicalizzazione della protesta (all'inizio dei Settanta), con la lotta armata e le stragi di stato (Piazza Fontana, Bologna, Italicus) ad anticipare la fine dell'utopia sessantottina. A prendere la parola sono i testimoni discussi e discutibili (non da Agosti) di quegli anni: parliamo di personaggi pubblici come Oreste Scalzone, Giovanni Piperno, Pietro Valpreda e ancora Franca Rame, Mario Capanna che insieme ad altri meno celebri ma non meno importanti, si rivolgono al loro interlocutore tanto nel ruolo di vittima che in quello di parte in causa e propositiva degli avvenimenti che li riguardano. Se ripercorrerne le biografie sarebbe qui inopportuno, talmente complessi e importanti sono stati i loro interventi nelle cronache di quei giorni per poterli ricostruire in poche righe, ciò che importa è il coro di voci a cui essi danno corpo e al punto di vista che regalano al film.
Convinto che gli anni in questione abbiano rappresentato una vera e propria rivoluzione, pari, se non superiore a quella realizzata moto tempo prima dai "cugini francesi", Agosti, che a quello specifico consorzio umano appartenne, non ha paura di mostrarsi schierato e di offrire una versione di parte in merito ai fatti narrati, inquadrandoli all'interno di un urgenza nata dalla necessità di salvaguardare il prossimo dalle storture e dai delitti compiuti dal potere (politico e governativo, ma anche economico e capitalista) per salvaguardare se stesso e le proprie oligarchie. Se rispetto allo stesso argomento un documentario come "Assalto al cielo" di Francesco Munzi tracciava un resoconto in cui a mettersi in luce erano le ingenuità e contraddizioni insite negli ideali della "meglio gioventù" di quel periodo, "Ora e sempre riprendiamoci la vita" appare più netto e concreto nella sua presa di posizione così come nel disperato tentativo di continuare a lottare, oggi, domai e per sempre. Senza nostalgia ma con l'intento di emozionare e di far riflettere soprattutto i più giovani la lezione di "Ora e sempre riprendiamoci la vita" si inserisce come esempio e monito nel dibattito sulle questioni relative al nuovo corso del nostro paese e solo per questo meriterebbe la distribuzione in sala. Speriamo che questo possa succedere e che al film di Agosti non spetti lo stesso destino subito dai vari "Sangue" di Pippo Del Bono e "Pays Barbare" di Angela Riccci Lucchi e Yervant Gianikian, presentati con successo a Locarno e in seguito messi a tacere per paura della loro libertà.
regia:
Silvano Agosti
distribuzione:
Cinecittà Luce
durata:
93'
fotografia:
Silvano Agosti, Alessandro Carpentieri
montaggio:
Silvano Agosti