I messaggi radio sono diventati, nel bene e nel male, la costante comunicativa dei film incentrati sul salvataggio di migranti. Il giustamente celebrato "Fuocoammare" (2016), di Francesco Rosi, e il più recente "Styx" (2018), di Wolfgang Fischer, sono caratterizzati dalla presenza di frequenti radiomessaggi. Neanche "Open Arms - La legge del mare" fa eccezione e le battute iniziali della pellicola sono scandite dalle voci che attraversando l’etere parlano dei soccorsi in mare a natanti in difficoltà.
L’ambizione del film di Marcel Barrena, già autore del documentario "Little World" (2012) e del fortunato "Cento metri" (2016), è quello di ricordare le circostanze che portarono Oscar Camps, un bagnino addetto al soccorso in mare, a fondare l'associazione Open Arms dopo il suo arrivo a Lesbo nel 2015. In pellicole che hanno a che fare con tematiche siffatte, il rischio di cadere mani e piedi nella retorica è dietro l’angolo. Il regista iberico sembra pagare dazio vuoi per la poca risolutezza in alcuni momenti topici del film, vuoi perché in quest’opera è come se la componente del cinema di finzione mal si amalgamasse con la volontà di rimanere il più possibile vicini al vero, propria di chi ha una vocazione documentarista. Ne risulta perciò un lavoro poco armonico e in cui l’evidente aggiunta di alcune sequenze, soprattutto nella seconda parte, pare giustificata dalla sola esigenza di raggiungere un certo metraggio, con la conseguenza di tirare per le lunghe la vicenda e privarla così di quel mordente che è un ingrediente irrinunciabile per siffatte pellicole. E attenzione anche all’assunto della sceneggiatura: la molla motivazionale che spinge Camps a partire per Lesbo e che come per miracolo gli cuce addosso i panni dell’eroe praticamente dopo pochi minuti, stona con il rapporto d’amicizia instaurato nei confronti di un giornalista freelance alla ricerca dello scoop. I veri eroi del grande schermo, insomma, sono quelli che colpiscono l’immaginario del pubblico senza il bisogno dell’aedo che ne canti la grandezza.
Anche dal punto di vista narratologico poi c’è qualcosa che non va: gli addetti alla sorveglianza del litorale ellenico antistante le coste turche, quelli che Christopher Vogler chiamerebbe "guardiani della soglia", ovvero coloro i quali hanno il compito di testare l’eroe mettendolo alla prova, opponendosi alle sue virtù, paiono in questo film alquanto scialbi, inconsistenti. La messa in scena, una volta introdottili, sembra quasi dimenticarli. Da insensibile ed eterodiretto applicatore della dottrina del respingimento in mare, uno di essi diventa addirittura volontario nei soccorsi! Ma l’aspetto che ancor più stride nel film è che nell’equilibrio di forze tra l’eroe e coloro che ne vengono salvati, essi sono pressoché scomparsi: vengono in definitiva soccorsi, rianimati, rifocillati, consolati, ma da personaggi a tutto tondo scadono a numeri. Fredda contabilità. Nel succitato "Fuocoammare", del rapporto tra salvatore e salvato rimangono momenti di rara intensità anche grazie all’impiego di metafore e allusioni; analogamente, in "Styx", il silenzio post traumatico della dottoressa è anche espressione del profondo legame umano instaurato con il bambino superstite sul piccolo veliero diventato ineludibile microcosmo affettivo.
Laddove invece Barrena dà il meglio di sé è nelle sequenze dei soccorsi veri e propri, quantomeno nello stile di ripresa: stacchi di montaggio incalzanti, cineprese che si immergono ed emergono facendo tirare un sospiro anche agli spettatori, o incalzano da dietro il soccorritore quasi sospingendolo a nuotare più rapidamente, eppure... anche qui qualcosa non torna, perché durante la sequenza del massaggio cardiaco la macchina da presa indugia più su Oscar che sul bambino. Tra i riconoscimenti, "Open Arms" ha ottenuto due premi Goya, per la fotografia e la miglior colonna sonora originaria. Concludendo, va dato merito al regista iberico di aver scelto un soggetto tutt’altro che semplice, ma è innegabile che una diversa articolazione del rapporto tra i personaggi e una sceneggiatura più curata avrebbero giovato al film.
cast:
Eduard Fernández, Anna Castillo, Dani Rovira, Patricia López Arnaiz, Sergi López, Melika Foroutan, Alex Monner, Vassilis Bisbikis
regia:
Marcel Barrena
titolo originale:
Mediterraneo
distribuzione:
Adler Entertainment
durata:
109'
sceneggiatura:
Marcel Barrena, Danielle Schleif
fotografia:
Kiko de la Rica
scenografie:
Pinelope Valti, Elena Vardava
montaggio:
Nacho Ruiz Capillas
costumi:
Despina Chimona
musiche:
Arnau Bataller
Colpito dalle immagini che fecero il giro del mondo e che ritraevano il corpo del piccolo Aylan sulla spiaggia di Lesbo (2015), Oscar Camps, addetto al salvamento lungo il litorale di Barcellona, parte come volontario per l’isola greca nel corso di uno dei movimenti migratori più imponenti che la storia ricordi. La realtà, tuttavia, presenta dei risvolti ignoti anche al più generoso dei benefattori.