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recensione di Domenico Ippolito
8.0/10

Non fa altro che piovere, ad Amburgo: la pioggia cade così densa che fa tutt'uno con i muri degli edifici, si unisce al grigio dell'asfalto, striscia sui vetri, sui volti delle persone e tra i capelli biondi di Katja: ne scioglierà il trucco, poi si confonderà con le sue lacrime. È un lamento senza fine, la disperazione di una donna che ha appena vissuto l'orrore più atroce: il marito di origine turca e il figlioletto sventrati da una bomba imbottita di chiodi, esplosa nell'attentato che ha colpito l'ufficio dell'uomo.
Tra il 2000 e 2007, una decina di persone di origine non tedesca sono state uccise in Germania nel corso di vere e proprie esecuzioni: i media avrebbero raccontato questi omicidi come i "delitti del Kebab", un puro regolamento di conti all'interno della malavita straniera. Qualche anno più tardi è venuto fuori che, in realtà, si trattava di attentati di estrema destra, i cui colpevoli erano tre ragazzi tedeschi di una cellula neonazista denominata NSU (Nationalsozialistische Untergrund). Due componenti del gruppo terroristico si sono suicidati dopo una rapina: la terza, Beate Zschäpe, è tuttora sotto processo in Germania.

"Il razzismo è una merda!" ha gridato Fatih Akin ritirando, insieme a Diane Kruger, protagonista della pellicola, uno dei numerosi premi assegnati a "Oltre la notte" in Germania e all'estero - in ultimo, il Golden Globe al miglior film di lingua non inglese. Il ragazzo terribile del cinema tedesco, nato ad Amburgo da genitori turchi, è tornato a quelle visioni di frontiera che gli sono sempre state più congeniali, dopo il difficile excursus storico de "Il padre" e la leggerezza senza pretese di "tschick". Akin, come ogni artista interessato alla modernità, in "Oltre la notte" assimila la narrazione dei veri attentati della NSU, ma la traduce in fiction: la vicenda di Katja è una storia fittizia, dunque, però possibile, perché calata dentro una storia fortemente privata.
A ben vedere, il clima senza speranza che ci introduce nella vicenda non è perciò lontano dall'incipit de "La sposa turca": qui, però, manca del tutto l'elemento umoristico che faceva da contrappunto alla folle storia d'amore tra Cahit e Sibel; d'altro canto, la ritrovata freddezza formale a cui Akin si obbliga va, invece, nella direzione intrapresa con le dolorose riflessioni viste "Ai confini del paradiso". Le prime scene di "Oltre la notte" ci scaraventano immediatamente nell'abisso, grazie anche alle dolenti note della colonna sonora, che porta la firma prestigiosa di Josh Homme.

La Kruger, dicevamo: sono decisamente lontani i tempi in cui la diva tedesca prestava la sua bellezza ai blockbuster hollywoodiani - e il suo piede a Quentin Tarantino: l'attrice scivola completamente nel vuoto in cui è sprofondata la protagonista, e così Fatih Akin decide di non staccarsi più da lei. Fa bene: ne viene fuori un'interpretazione magistrale, l'ennesimo personaggio femminile che ha segnato la stagione cinematografica appena trascorsa (si vedano la "Jackie" di Natalie Portman ed "Elle" della Huppert). Un ruolo difficile da dimenticare, che ha assegnato alla Kruger, qui al suo primo film recitato nella sua lingua madre, il premio come miglior attrice al festival di Cannes 2017.
Nelle sequenze centrali del film, le più controllate - il processo ai due ragazzi neonazisti accusati della strage - Katja è costretta a rivivere l'orrore, ma non può più piangere o gridare, dentro l'asettica aula del tribunale. Perciò, si mostra fiduciosa e spera nella giustizia: la fiducia e la speranza, però, sono categorie dello spirito che non appartengono necessariamente al diritto penale; infatti, la macchina legale sembra incepparsi. Qui il riferimento è duplice: da un lato, gli incredibili errori della polizia tedesca durante le indagini sulla NSU, condite da omissioni e (forse) depistaggi che avrebbero favorito la latitanza dei neonazisti; dall'altro, la sensazione che la condotta non irreprensibile del marito di Katja (con un passato da spacciatore) non possa qualificare l'uomo al cento per cento come una "semplice vittima".

A questo punto, il film stesso entra in cortocircuito, e deve andare a cercarsi un altro finale. I colori impressi sulla pellicola, perciò, mutano. Non è ancora estate, ma l'azzurro è così limpido da non cercare compromessi nelle sfumature: il vento accarezza le onde del mare, ne accompagna il docile moto, in mezzo alle dune della spiaggia, tra l'erba fina; i capelli di Katja ora sono asciutti, così come i suoi occhi. Sembra una vacanza per dimenticare. Intanto, il processo potrebbe ripartire: ci sono nuove prove e secondo l'avvocato tocca insistere. Ma la giustizia, per Katja, è ancora possibile? Invecchiare insieme al marito, accompagnare suo figlio a scuola: questo era giusto, per lei; tutto ciò non potrà ritrovarsi nelle scartoffie di un tribunale. Nemmeno la condanna degli attentatori potrebbe riappacificarla, perché il suo amore è morto. Katja ha un piano: poi ci ripensa, lo perde in mezzo al vento, sulla spiaggia; arriva, dal mare, un'altra idea.
Questo terzo capitolo del film, diverso dai due precedenti, è stato girato come se fosse un cortometraggio d'azione. Akin sembra voler tornare alla furia dell'esordio di vent'anni fa, quel "Kurz und Schmerzlos" dove, dentro le ombre scorsesiane del gangster-movie, era già presente il tema di tutto il cinema del film-maker di Amburgo, che poi è di natura autobiografica: la doppia anima e la sua impossibile pacificazione, nelle storie della seconda generazione degli immigrati in Germania.

È ovvio che la mente dello spettatore non potrà non andare anche alle stragi terroristiche di matrice islamica che hanno insanguinato l'Europa negli ultimi anni, una sottile linea rossa che unisce le luci spente dei mercatini di Natale di Berlino a quelle del Bataclan di Parigi e all'Arena di Manchester, il lungomare di Nizza alle strade di Londra; senza dimenticare le vittime di religione musulmana in Medio Oriente e in Africa, le prime e più numerose della follia dell'Isis. A questo, si lega a doppio filo il tema delle ondate migratorie in corso che riempie quotidianamente le pagine dei giornali, così come i discorsi delle cancellerie europee. Non esiste, al momento, argomento che tenga più banco di questo: eppure, la forza di "Oltre la notte" è proprio quella di non farsi schiacciare dall'attualità, ma di accostarsi a essa, superandola, lasciando le speculazioni politiche e sociologiche mille passi indietro. Il film ci ricorda, semmai ce ne fosse bisogno, che l'unico movente di ogni terrorismo non è la religione, o la politica, ma l'odio: accecante, irreversibile, incomprensibile. Proprio in virtù di questo, la vicenda di Katja, fuori da ogni volontà di saggio paradigmatico o storia universale, resterà miracolosamente autentica.

Infatti, nonostante lo spunto narrativo aderisca continuamente alla realtà, Akin ha ripetuto più volte che il suo intento era quello di raccontare una storia personale. È proprio così che, come spesso è accaduto ai protagonisti dei suoi film, anche per Katja il mare diventa lo specchio della sua anima: dimenticata la vicenda di cronaca, resta quella senza speranza né più fiducia di una donna che si è persa, perché è stata abbandonata.


25/02/2018

Cast e credits

cast:
Diane Kruger, Denis Moschitto, Johannes Krisch


regia:
Fatih Akin


titolo originale:
Aus dem Nichts


distribuzione:
BiM Distribuzione


durata:
106'


produzione:
Nurhan Sekerci, Fatih Akin, Herman Weigel


sceneggiatura:
Fatih Akin, Hark Bohm


fotografia:
Rainer Klausmann


scenografie:
Tamo Kunz


montaggio:
Andrew Bird


costumi:
Katrin Aschendorf


musiche:
Josh Homme


Trama
Una bomba neonazista esplode ad Amburgo: le vittime sono il marito e il figlio di cinque anni di Katja, una giovane donna tedesca. Per lei si apriranno le porte dell'abisso...
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