Sono sempre di più i film, spesso "d'autore", dimenticati dalla pigra distribuzione italiana: spesso tali film trovano spazio direttamente in
home video, altre volte cadono in uno stato di oblio che li può portare alla tardiva pubblicazione o a finire nel dimenticatoio. Tra i film della passata stagione ignorati dai distributori ma che presto potranno "godere" del
directly on dvd ci sono opere bizzarre e interessanti, ma forse troppo intelligenti o complicate per poter piacere al pubblico italiano (?), come "Southland Tales" di Richard Kelly o "Margot at the Wedding" di Noah Baumbach: un'ingiustizia, direte, che film di registi tra i più interessanti in circolazione, autori di piccoli
cult come "Donnie Darko" o il bel "Il calamaro e la balena", non escano nei nostri cinema. Finirete, invece, per considerarla una fortuna se siete fan di Greenaway: dopo la mancata distribuzione degli episodi 2 e 3 della folle saga cominciata con "Le Valigie di Tulse Luper: Viaggio a Moab" (rispettivamente intitolati "Vaux to the Sea" e "From Sark to the Finish"), anche il suo ultimo lungometraggio, presentato in concorso (e passato sotto silenzio, nonostante il buon successo di critica) a Venezia 2007 e già distribuito sia in sala che in dvd all'estero, dagli Usa alla Francia, qui da noi non è nemmeno mai stato annunciato e per il momento nulla si muove nemmeno per quanto riguarda l'
home video.
Ma veniamo al film: "Nightwatching" (come al solito un gioco di parole: la traduzione letterale è "guardare il (o nel) buio", ma molteplici sono i riferimenti, dai giochi pittorici di luci artificiali e tenebre possenti nei quadri di Rembrandt, al suo senso di "cecità" nello scrutare il buio dopo un incubo, anche, ovviamente, un riferimento al titolo del celeberrimo quadro dell'artista, "La Ronda di Notte") narra un frammento della vita del pittore fiammingo Rembrandt van Rijn (il primo, secondo molti critici, ad aver ritratto nei suoi quadri la luce delle candele come vera e propria fonte luminosa), quello impegnato nella creazione del suo più celebre lavoro, "La Ronda di Notte", che lo renderà famoso in tutto il mondo ma che, allo stesso tempo, lo distruggerà economicamente e moralmente.
Già famoso a vent'anni ma con diversi problemi finanziari, Rembrandt è convinto dalla moglie gravida (una bellissima e convincente Eva Birthistle) a eseguire un ritratto di alcuni commercianti che si erano "eroicamente distinti" durante le guerre contro la Spagna. Dopo un misterioso omicidio, Rembrandt si convince dell'esistenza di una cospirazione e utilizza il quadro come un violento
j'accuse dove i "soldati" vengono nascostamente accusati di ogni più bieca bruttura. Il quadro sarà la definitiva fine delle sue fortune: dopo la morte della moglie per parto, il pittore scivola nell'ossessione e viene screditato dai commercianti, che lo fanno sedurre da un'affascinante doppiogiochista e tentano di renderlo cieco.
È chiaro che non era nelle intenzioni di Greenaway creare un ritratto storico attendibile di un'epoca e di un personaggio: partendo dall'idea che il quadro contenga "51 misteri, che i critici stanno ancora cercando di svelare" (parole di Greenaway) il regista tesse una trama complottistica, ritraendo il personaggio nel triplice ruolo di artista, uomo comune e "investigatore". E il personaggio di Rembrandt è il vero punto di forza del film, fin dalla scelta di un imbolsito Martin Freeman (che aveva già collaborato con il regista nella trilogia di Tulse Luper), solitamente attore brillante specializzato in ruoli da "simpatico sfigato", per il ruolo portante: Greenaway evita sapientemente lo stereotipo del genio folle, ritraendo il personaggio nei suoi gesti quotidiani, nel suo grottesco modo di fare, nella sua sboccata volgarità. Niente genio e sregolatezza, quindi, nessun eroe romantico e tormentato, Rembrandt è un uomo qualsiasi, con problemi economici e il vizio delle donne (che lo porterà alla rovina).
Lasciando da parte gli sperimentalismi eccessivi fino all'incomprensibile dei precedenti film, Greenaway costruisce un film "classico", barocco nella composizione degli spazi e delle scenografie, sempre pittoriche e spesso irrealisticamente teatrali, dei veri e propri
tableaux vivant simili alle composizioni visive de "Lo Zoo di Venere" o de "Il ventre dell'architetto": "Nightwatching" segna infatti una sorta di ritorno alle origini per stile e chiarezza registica. I rimandi, ovviamente, sono tutti al primo lungometraggio di Greenaway, "I misteri del giardino di Compton House": anche qui un pittore come protagonista, una cospirazione legata a dei quadri, anche qui un gusto barocco per le scenografie, anche qui impressionanti e stupendi giochi di luci e ombre. Con una curiosa differenza: Rembrandt non viene quasi mai ritratto nell'atto del dipingere, pur essendo continuamente alle prese con la sua opera e le sue conseguenze e pur essendo in qualche modo immerso in veri e propri quadri.
Ci troviamo quindi di fronte a un Compton House 25 anni dopo? Assolutamente no, anche se potrebbe sembrare. Questo di Greenaway è un film pregevolissimo, intelligente e raffinato, dove la freddezza dello stile e le molte citazioni non sono difetti e non cadono mai nel banale estetismo: un'opera trascinante e misteriosa, anche se complessa e non sempre semplice da seguire e da inquadrare, a cui certamente una seconda visione non potrà che giovare per cogliere particolari e misteri che il regista da sempre nasconde nei suoi film. Ovviamente i detrattori affezionati sullo schermo vedranno solamente personaggi sproloquiare in quadri belli ma morti, un'idea tirata all'infinito, un paio di bei nudi e poco altro. A tutti gli altri: armatevi di pazienza e sperate che prima o poi qualche casa distributrice si interessi o, se come me non sapete aspettare, cercate altrove, non ne resterete delusi.
13/10/2008