Chiamato a confermare lo strepitoso successo del suo film d'esordio, campione d'incasso di tutti i tempi in Francia e meritevole di una versione italiana altrettanto fortunata, Dany Boon sceglie di seguire la strada già tracciata, continuando a giocare con i pregiudizi e le manie generate dalle diversità culturali. E anche quì, come già in "Giù al Nord", a farne le spese sono due tipi umani divisi dalla tradizione e costretti da circostanze, più o meno casuali, a una convivenza forzata. A provocarla, la caduta delle barriere doganali tra Francia e Belgio e la decisione di intensificare i controlli del territorio con una pattuglia stradale mista. Saranno proprio il doganiere Ruben Vandervoorde e il vituperato collega francese Mathias Ducatel, colpevole di appartenere a una nazione storicamente nemica, a doversene occupare. I risultati saranno esilaranti e allo stesso tempo, inaspettati.
Se l'attore, favorito dal carattere dimesso del suo personaggio, si concede un ruolo da spalla, accanto a un purosangue scatenato come Benoît Poelvoorde, al quale non deve essere estranea la recitazione nervosa e indiavolata di un campione della risata come Louis de Funès, il Boon regista si preoccupa di costruire attorno ai due protagonisti un ambiente adeguato alla comicità surreale e grottesca del simpatico duo. Da qui la decisione di trasformare quella zona di frontiera in una specie di terra di mezzo, sospesa tra il corso della storia con i suoi cambiamenti, siamo nel 1993, all'epoca del famoso trattato di Shenghen, e una dimensione fanciullesca della vita, in cui le pallottole assomigliano a cioccolatini - il film presenta diverse sparatorie dal sapore innocuo e farsesco - e dove tutto, anche una pattuglia su una macchina giocattolo, e con cane mascotte al seguito, è possibile. Indicativa in questo senso l'apertura con la lenta panoramica a definire uno scenario notturno dove i luoghi e le abitazioni sembrano una quinta, pronta ad accogliere l'ennesima rappresentazione della commedia umana.
I personaggi diventano allora delle maschere, in cui la concentrazione di stravaganti abitudini, ora divertenti, come quella del doganiere francofobo che insegna al figlio i rudimenti di quel disprezzo, ora ingenue, come quella di spostare il cartello di confine per riguadagnare la terra sottratta con la forza, sono la chiave per un divertimento simile a quello dei cartoni animati. A frenare l'entusiasmo per il film concorre la scelta di uno spunto, quello della rivalità tra le due nazioni, che offre poco sul piano dell'aneddotto, e molto sul piano della ripetitività. A poco serve la svolta da buddy movie, con rimandi al maggiolino disneyano, e la presenza della sottotrama che dovrebbe alimentarlo, monopolizzata dal confronto tra la strana coppia e una banda di lestofanti decisi a perseguire i loro traffici. Nonostante questo "Niente da dichiarare", pur mantenendosi lontano dall'exploit di chi l'ha preceduto, è riuscito ad assicurarsi un buon incasso al botteghino nazionale.
cast:
Dany Boon, Benoît Poelvoorde, Julie Bernard, Karin Viard
regia:
Dany Boon
titolo originale:
Rien à déclarer
distribuzione:
Medusa
durata:
107'
produzione:
Les Productions du Chicon
sceneggiatura:
Dany Boon
fotografia:
Pierre Aïm
scenografie:
Alain Veissier
montaggio:
Luc Barnier, Géraldine Rétif
costumi:
Nathalie Leborgne
musiche:
Philippe Rombi