Non lasciatevi ingannare dalla data d'uscita, collocata nella terra di nessuno costituita dalla prima settimana di Agosto, quella in cui la gente fa le valigie per andare in vacanza alla pari dei distributori che, approfittando della distrazione, si danno da fare per piazzare l le ultime scorte di magazzino. Così non è per "Nevermind", il quale pur arrivando nelle sale con notevole ritardo rispetto all'anteprima romana organizzata da Alice nella città, sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma, è opera meritoria di tutt'altra attenzione. A farcelo dire, oltre alle qualità dell'opera di cui parleremo tra poco, è innanzitutto la stima verso un'autore, Eros Puglielli, capace come pochi di ritagliarsi uno spazio autonomo e coerente alla predilezione per i film di genere, frequentati con molte idee e tanta indipendenza. E, poi la peculiarità dell’operazione, resa tale a partire dall'adesione a un struttura narrativa - articolata su più episodi, ognuno dei quali dedicata alle avventure di un singolo personaggio - oramai desueta e invece rivitalizzata nella maniera di cui avremo modo di parlare; ma soprattutto per una lettura surreale e grottesca dell'esistenza un tempo sulla cresta dell'onda per merito di un grande quale fu Marco Ferreri ed oggi messa in panchina dalla contaminazione tra realtà e commedia.
Se nessuna delle parti appena menzionate è scevra da agganci con gli aspetti più pragmatici dell'esistenza, inseriti con diversi gradi di verità e per differenti finalità all'interno dei rispettivi dispositivi, quelli inerenti a "Nevermind" ne sono in qualche modo la trasfigurazione derivata dallo spostamento in avanti dei limiti della rappresentazione, qui, come in altri esempi del genere, frutto di un punto di vista deformato e deformante sull’oggetto della propria indagine. Nella fattispecie Puglielli evita di speculare sul ridicolo di cui si rendono artefici i personaggi e quindi di mettere in scena una pantomima di situazioni sì, divertenti, ma fini a se stesse, utili "solo" a suscitare il riso dello spettatore.
Al contrario il regista trasforma la mdp in una lente di ingrandimento pronta a soffermarsi su questo e su quello non tanto per esorcizzarne le disfunzioni ma, all'opposto, per renderne ancora più visibili le degenerazioni. A differenza della commedia che mira alla catarsi ricomponendo i conflitti, "Nevermind" ne alimenta i contrasti, da una parte venendo meno alla cosiddetta catarsi finale (ognuno degli episodi abiura il lieto fine lasciando aperto il destino dei protagonisti), dall'altra sottraendosi alla tentazione di spiegare le cause che conducono al dramma, lasciando al non senso della vita il compito di mettere lo spettatore di fronte al mistero di cui esso si fa portatore. Che si tratti dell’avvocato erotomane, dell’imprenditore senza una lira, della baby sitter chiamata a prendermi cura di un bambino mai nato, dello psicologo perseguitato da un pirata della strada così come dello chef perseguitato da quella che crede la sua nemesi, non c’è differenza. Perché al di là del lavoro e della posizione sociale, ognuno di loro è vittima dello stesso stile di vita, costruito sulla performance di aspettative lavorative e sentimentali impossibili da soddisfare.
Immersi in una clima di allucinazione permanente, prodotta in parte dalle natura fantasmatica della realtà con cui i personaggi si confrontano (elemento che trova la sua apoteosi nell’ultimo episodio, quello in cui ad un certo punto le persone iniziano a diventare invisibili alla vista del cuoco interpretato da Andrea Sartoretti), la condizione umana raccontata da Puglielli riesce a trasmettere la propria drammaticità grazie a scelte formali piuttosto coraggiose e però efficaci nel rendere la frammentazione dell’io attraverso espedienti che spezzano le consuetudini del cinema mainstream: i riferimenti vanno alla durata dei singoli frammenti narrativi, di lunghezza variabile e, in qualche caso, inversamente proporzionale alla presunta importanza dei contenuti, oppure al continuo depistaggio del pubblico, la cui onniscienza è messa in discussione dall’impossibilità di distinguere tra protagonisti e comprimari, destinati a invertirsi di ruolo quando meno ce lo si si aspetterebbe. E se, come si dice, anche l'occhio vuole la sua parte, quello dello spettatore di "Nevermind" troverà modo di apprezzare le esasperazioni fornite dall’uso del formato panoramico e delle lenti anamorfiche, capaci di rendere allo stesso tempo l'isolamento dei personaggi (nelle riprese in campo lungo le figure umane sembra annullarsi nella preponderanza dello spazio fisico) e invece il loro collegarsi a una realtà da cui primi piani claustrofobici e inquadrature opprimenti sembravano volerli separare.
Alle prese con una gamma sentimentale che dal tragico volge al comico e per il fatto di essere collocati all'interno di una realtà complessa che essi stessi concorrono a creare con la forza della loro immaginazione, una menzione speciale va fatta all’intero cast, da Paolo Sassanelli ad Andrea Sartoretti, da Giulia Michelini a Massimo Poggio e Paolo Romano, tutti bravi nella resa di una follia collettiva di cui senza accorgersene anche noi siamo partecipi con le nostre vite.
cast:
Paolo Sassanelli, Luis Molteni, Paolo Romano, Claudia Coli, Aurore Erguy, Renato Scarpa, Alberto Molinari, Massimo Poggio, Giulia Michelini, Andrea Sartoretti, Gianna Giachetti
regia:
Eros Puglielli
distribuzione:
Minerva Pictures
durata:
110'
produzione:
Minerva Pictures Group, Déjà Vu, Monkey King Pictures
sceneggiatura:
Giulia Gianni, Antonio Muoio, Eros Puglielli, Francesca Sambataro
fotografia:
Alfredo Betrò
scenografie:
Emanuela Zappacosta
montaggio:
Danilo Perticara
musiche:
Alessandro Sartini, Eros Puglielli