A distanza di più di dieci anni si può affermare che la "trilogia della vendetta" di Park Chan-wook sia stato il progetto autoriale più completo e influente nel cinema dei primi anni 2000. In molti l'hanno imitato o provato a cavalcarne l'onda, sia sotto un profilo tematico che estetico, come ad esempio un regista dal talento virtuoso e manierista come Kim Ji-woon che in "I Saw the Devil" recuperava anche Choi Min-sik ribaltandone l'icona (lo stesso Park ne aveva fatto l'orco di "Lady Vendetta"). Infine è arrivata Hollywood che dell'episodio più celebre ed esplosivo, quell'"Old Boy" che sconvolse persino Tarantino al Festival di Cannes, ha ricavato un remake diretto da Spike Lee. Le vette raggiunte da questo regista sudcoreano paiono, però, ancora irraggiungibili.
Il primo segmento della trilogia è quello visivamente più crudo: in scena si susseguono trafficanti d'organi, reni espiantati in nero, disoccupati che si tagliano il ventre con un taglierino, torture, cannibalismo, corpi smembrati e si potrebbe anche andare avanti, scendendo nei particolari. Come al solito, Park traccia un sentiero infernale propiziato da buone intenzioni: Ryu è un operaio sordomuto che si prende cura della sorella, dializzata in attesa del trapianto. Il ragazzo donerebbe volentieri un suo rene ma non può a causa del gruppo sanguigno diverso; decide, quindi, di affidarsi a chi i trapianti li fa in nero, di nascosto: paga i dieci milioni che avrebbe dovuto dare all'ospedale (in Corea le cure non sono gratis) e in più dona il proprio rene. I trafficanti si prendono i soldi, l'organo e spariscono, lasciandolo nudo in un palazzo abbandonato; inoltre, viene anche licenziato. A questo punto il rene per la sorella arriva, ma Ryu non ha più i soldi per pagare l'operazione: la sua ragazza ha la poco brillante idea di rapire la bambina di Park Dong-jin, così da fargliela pagare anche per il licenziamento dall'azienda, e servirsi dei soldi del riscatto per salvare la sorella di Ryu. Ecco servite le basi per una reazione a catena i cui effetti saranno inarrestabili e imprevedibili. Si sviluppa in parallelo una doppia vendetta: quella di Park nei confronti di Ryu e della sua ragazza (che si vanta di essere una terrorista), e quella di Ryu ai danni dei trafficanti d'organi. Se il primo si vendica per farsi giustizia da sé, il ragazzo sordomuto si trasforma in giustiziere per operare una sorta di pulizia sociale ed espiare i propri peccati.
Park Chan-wook sente sempre la necessità di far entrare il proprio spettatore in contatto con il mondo esperito dal protagonista, ma come fare quand'esso è un sordomuto? Il raccontarsi è centrale in tutta la trilogia e sarà un problema solo apparentemente risolto in "Lady Vendetta" con la voce fuori campo che narra le gesta di Geum-ja come se fosse l'eroina di una fiaba gotica: la psiche e la storia dei personaggi predispongono il dispositivo di messa in scena e dettano l'incastro narrativo. L'incipit che delinea il rapporto passato e presente dei due fratelli è delegato a un programma radiofonico dove la conduttrice legge le lettere che gli invia Ryu - successivamente, durante le indagini, la speaker del programma darà al signor Park degli acquerelli spediti dal ragazzo, tra i quali l'istantanea che dipinge l'annegamento della bambina, rivelando al padre la verità sull'incidente (per Park Chan-wook solo l'immagine ci può rivelare qualcosa). Per la comunicazione verbale Ryu utilizza il linguaggio dei segni e il regista sostituisce, alla voce over e ai dialoghi, sottotitoli e cartelli. Il mutismo che imprigiona il personaggio diviene quindi parte integrante dell'opera.
Se i protagonisti dei successivi "Old Boy" e "Lady Vendetta" hanno macerato per anni il desiderio e il progetto di vendicarsi, qui la vendetta arriva per ultima e con la sua furibonda carica di follia e di crudeltà spariglia le carte. "Mr. Vendetta" è per tre quarti della sua durata un disperato dramma in cui gli affetti non bastano a salvare le persone care e dove tutti hanno una parte (di sé o della famiglia) malata o perduta: Ryu è sordomuto, cresciuto senza madre insieme alla sorella, che ora sta morendo; la sorella si taglia le vene quando capisce di essere un peso per Ryu; Park perde la figlia; l'ispettore che segue l'indagine ha una figlia ammalata; l'ex-dipendente di Park si uccide insieme a tutta la famiglia. Non c'è un solo spiraglio di luce nel nichilista ritratto urbano operato dal regista di Seul.
Park inizia con il primo capitolo della sua trilogia una sperimentazione formale che si evolverà rapidamente di film in film. In "Mr. Vendetta" si conservano le asprezze di uno stile ancora da levigare ma la cui forza d'urto aveva, ora come allora, pochi eguali: insieme al direttore della fotografia Kim Byeong-il lavora sui simbolici cromatismi, sulla saturazione dei colori, e insieme al montaggio si saggia il potere disorientante degli stacchi sull'asse e le possibili analogie che connettono i personaggi, che immettono poetiche metafore in traiettorie umane che hanno toccato il fondo. Se apparentemente l'innesco è una rivalsa di classe ai danni del ricco Park Dong-jin, lo sviluppo narrativo mette in cortocircuito vittime e carnefici in una condizione di reciprocità. I protagonisti di "Mr. Vendetta" non cercano realmente la giustizia - il signor Park confessa a Ryu di sapere che è un bravo ragazzo, ma è costretto a ucciderlo perché non può perdonarlo - bensì fanno i conti col proprio passato, solitamente contrassegnato da degli errori. Solo che, cercando di aggiustare le cose, continuano a sbagliare. Immersi in una società ammalata, in un ambiente squallido e degradato, anche la purezza di un ricordo di infanzia, come il fiume dove giocavano da bambini i due fratelli, viene corrotto. Ed esteticamente Park polarizza il suo sguardo su due colori: il verde presente nei capelli di Ryu, nelle mura ammuffite e nelle acque del fiume e il rosso del sangue, liquido che fuoriesce dalle viscere annegando ogni speranza.
cast:
Song Kang-ho, Shin Ha-kyun, Bae Du-na, Lim Ji-eun, Han Bo-bae
regia:
Chan-wook Park
titolo originale:
Boksuneun naui geot
durata:
129'
produzione:
CJ Entertainment; Studio Box
sceneggiatura:
Lee Jae-sun, Lee Mu-yeong, Lee Yong-jong, Park Chan-wook
fotografia:
Kim Byeong-il
scenografie:
Choe Jung-hwa
montaggio:
Kim Sang-beom
costumi:
Shin Seung-heui
musiche:
Ururboo Band