In "Toy Story" il mondo dei bambini adulti e quello degli adulti bambini si risvegliava dal torpore che ostacolava l'inventiva di un immaginario che pretende infinite, molteplici variazioni. Il ruolo dell'animazione come insauribile fonte di idee e mondi da plasmare, sognare, vivere veniva dunque scosso da una visione nuova e brillante che recuperava però l'anima addensata agli albori del senso di fare e saper vivere il cinema d'animazione.
All'inizio di "Monsters & Co." la fittizia stanza fanciullesca contiene dei giocattoli dormienti che non si rianimano perché avevano già indicato nuovi sentieri e direzioni nelle quali muoversi: siamo già inabissati in un mondo, quello dei mostri, pienamente addentrato in questa scintillante e immaginifica moltitudine di meraviglia: se "Toy Story" è stato capace di aprire la strada a un nuovo mondo, "Monsters & Co." riesce anche a spiegarlo, con la sola forza delle immagini, dell'inventiva, di un divertimento capace di abbinare tecnologie avanzate e dunque studiatissime con un sincero candore dei sentimenti che non può che commuovere.
La Mostropoli del film è un mondo parallelo a quello umano ma è interessante notare la capacità dell'opera di giocare di sponda con chi guarda il film: lo spettatore e il suo habitat può scena dopo scena immedesimarsi tanto nell'universo dei mostri/dell'altro tanto in quello umano/proprio. Lo scarto tra il qui e l'altrove è continuamente messo in discussione, capace di farci sobbalzare da un momento all'altro tra generatore a vittima di ataviche paure. La diversità assume dunque un orientamento assolutamente relativo: il mostro è all'oscuro della propria bruttezza e teme i più docili bambini. Al termine del suo percorso non resta vittima di un ribaltamento, ma l'assestamento tra i vari esseri ottiene un relativismo finalmente appropriato: problematico e con naturali e ovvie distanze, ma non per questo incolmabile e incomunicabile.
Certamente alla base di questo mondo fantastico è rintracciabile un nemmeno troppo velato riferimento all'industria cinematografica, al mondo dello spettacolo come assatanata macchina in crisi creativa, disposta a tutto pur di produrre utile monetario (nel film l'elettricità per sorreggere la centrale elettrica). Ma è anche un'industria che manipola lo spettatore con metodi e scorciatoie subdole (le vittime sono le innocenti anime infantili): più che coloro che si occupano della messa in scena e che prestano voci e volti, la gestione del diabolico congegno è gestito da poteri superiori, da creature che celano dietro il sipario una consapevolezza che raramente si offre ai nostri occhi. Lo smascheramento e la possibilità di un'alternativa ci viene donata attraverso una ininterrotta scorribanda, di una frenesia assolutamente irresistibile.
La coppia dei due protagonisti, Sulley e Mike, produce dinamiche proprie di un buddy film - da difficoltà e incomprensioni a "virilità" e tenerezza - ma lascia stupefatti l'inventiva della Pixar Animation, qui al suo apice creativo: ogni sequenza contiene in sé almeno un'idea geniale, le risate scaturite raramente nel corso degli anni 2000 hanno toccato frequenze tanto alte (nel cinema d'animazione ma non solo), il ritmo indiavolato è degno delle migliori screwball comedy e se la scena delle migliaia di porte in azione nelle quali entrare ed uscire può scaturire pulsioni magrittiane la poesia dell'insieme è stata successivamente puntualmente copiata ma mai eguagliata: vedi gli ultimi, toccanti istanti.
Un vertice nella storia del cinema d'animazione.
regia:
David Silverman, Lee Unkrich, Pete Docter
titolo originale:
Monsters Inc.
distribuzione:
Buena Vista Pictures
durata:
89'
produzione:
Walt Disney Pictures, Pixar Animation Studios
sceneggiatura:
Andrew Stanton, Daniel Gerson, Robert L. Baird, Rhett Reese, Jonathan Roberts
scenografie:
Harley Jessup, Bob Pauley
montaggio:
Robert Grahamjones, Jim Stewart
musiche:
Randy Newman