Il regista del "Grande silenzio" non cerca alcuna causa che muova il marito a queste violenze. Tende a riprenderlo consumato poi da sensi di colpa e implorare perdono senza offrire alcuna spiegazione. Questa oggettività rende la narrazione molto documentaristica e di forte realismo (d'altronde nella realtà l'esplosione della violenza domestica non ha mai un motivo e una causa).
Il modo di girare è fondamentalmente classico, costituito da campi e controcampi con un uso ben distribuito del primo piano. La violenza è inizialmente fuori campo, poi le riprese passano alla camera a mano seguendo gli scatti del marito in ogni stanza. Molto spesso vediamo i due protagonisti in riprese frontali, con lo sguardo in macchina come a voler rompere quel taglio oggettivo e documentaristico, chiamando in causa lo spettatore. Un altro aspetto di frattura lo possiamo individuare nell'entrata in scena, in alcuni capitoli, di un uomo anziano ripreso a contemplare un campo innevato o in faccende domestiche, un personaggio alieno a tutte le vicende. A detta di Gröning "una sorta di Tiresia veggente che sa e che racconta". È una delle tante interpretazioni che vengono offerte allo spettatore, anche qui tirato in ballo a interrogarsi sul senso del racconto: chi sarà questo anziano signore? Forse il marito da vecchio o forse un uomo qualunque. Non ci sono, anche qui, risposte.
Dopo aver trasformato il racconto della vita claustrale in una meditazione spirituale, Gröning in questo nuovo film sembra aver alzato l'asticella offrendo un grande atto di fiducia e d'amore verso il cinema puro, capace di porre delle domande su cosa significhi raccontare e sperimentare per immagini. Ovvero cosa voglia dire fare cinema.
cast:
Alexandra Finder, David Zimmerschied
regia:
Philip Gröning
titolo originale:
Die Frau Des Polizisten
distribuzione:
Satine
durata:
175'
produzione:
P. Gröning, Matthias Esche, Philipp Kreuzer
sceneggiatura:
P. Gröning, Carola Diekmann