Presentato a Cannes nel 2001, "Millennium Mambo" è stato subito accolto come un caso di rilevanza assoluta per configurare i canoni di buona parte della narrazione cinematografica moderna.
L'incipit: "Immagine-tempo"
Il film si configura come una sorta di anello di congiunzione tra la filmografia precedente del cineasta taiwanese e le peculiarità della sua produzione del nuovo millennio. Abbandonate temporaneamente ambientazioni e atmosfere del film storico, Hou Hsiao-hsien mette in scena la travagliata storia di Vicky, una ragazza che ha lasciato la sua casa natia e il contesto rurale in cui è cresciuta, per cominciare una nuova vita nella grande metropoli; qui conosce Hao-Hao, un irascibile e indolente vagabondo con cui intraprende una relazione.
Un elemento di particolare importanza, e al contempo di grande interesse, risulta essere l'incipit, nel quale il regista mutua la lezione bellouriana conferendo a questa sequenza il compito di plasmare il mood del resto del film. La scena, che scopriremo essere un segmento isolato della narrazione, è costituita da un solo lungo piano sequenza in cui la macchina da presa segue la protagonista che corre dentro un tunnel, apparentemente spensierata, con i capelli che assecondano armoniosamente le oscillazioni del suo corpo. Quello che rende questo stralcio di film un compendio del cinema moderno, se non addirittura postmoderno nell'accezione che Marineo dà del termine, sono gli elementi portanti della struttura del incipit, nonché la finalità narrativa che gli viene conferita. L'uso del voice over, che introduce la storia di Vicky, è delicato ed enigmatico, al punto che non sappiamo se la voce sia della protagonista stessa o di un narratore onnisciente esterno; questo, insieme ai ripetuti sguardi in macchina di Vicky durante la sua corsa, innescano un meccanismo di coinvolgimento dello spettatore che viene letteralmente risucchiato nell'atmosfera di sospensione della realtà che il rallenty contribuisce a creare.
Superando però l'esperienza di Kenji Mizoguchi, che sull'espediente registico dell'incipit ha fondato gran parte della sua filmografia, Hou Hsiao-hsien costruisce una struttura per la quale questa sequenza iniziale risulterà essere un corpo quasi totalmente a sé stante rispetto al proseguo della narrazione, pur mantenendo intatti tutti gli elementi qui messi in gioco nei primi minuti della pellicola.
Fissità o dinamicità: l'importanza dei tempi morti
Dopo l'incipit, che si chiude con uno stacco sul nero ed il titolo del film, ci troviamo catapultati in un contesto urbano vertiginosamente claustrofobico. La voice over continua ad accompagnare le vicissitudini della protagonista nella sua sofferta convivenza con l'amato Hao-Hao, mentre il film si configura come una lunga serie di piani-sequenza in cui la macchina fissa la fa da padrona, accompagnando con dei piccoli movimenti il febbrile spostamento dei personaggi all'interno della scena. La contrapposizione più rilevante messa in gioco è il continuo conflitto fra la dinamicità dei corpi all'interno dell'inquadratura e l'assoluta fissità emotiva degli stessi protagonisti, incapaci di scrollarsi di dosso una vita avviluppata intorno alle paradossali sicurezze degli eccessi, della droga e della vita notturna.
Ecco che quindi la totale apatia di Vicky e del mondo che la circonda, suggerisce all'occhio dell'autore di soffermarsi su tutta una serie di tempi morti della vita dei protagonisti: a partire dai tanto timidi quanto violenti tentativi di approccio sessuale di Hao-Hao, ai momenti di beata ma dolente solitudine di Vicky, che cercherà di scrollarsi di dosso quel che resta della sua storia d'amore legandosi ad un rassicurante ma losco imprenditore conosciuto durante una delle sue lap dance.
cast:
Doze Niu, Jack Kao, Tuan Chun-hao, Shu Qi
regia:
Hou Hsiao-hsien
titolo originale:
Qian xi man po
distribuzione:
Istituto Luce
durata:
119'
produzione:
3H Productions; Paradis Films; Orly Films; SinoMovie.com
sceneggiatura:
Chu T'ien-wen
fotografia:
Mark Lee Pin-Bing
scenografie:
Huang Wen-Ying, James David Goldmark
montaggio:
Liao Ching-Song
costumi:
Wang Kuan-i
musiche:
Yoshihiro Hanno, Giong Lim