I mondi raccontati da Michel Franco si basano sull’improvviso deflagrare di un conflitto in una situazione di quiete apparente e sulla successiva descrizione delle conseguenze della rottura dell’equilibrio precedente. Il conflitto coincide con l’irruzione improvvisa del male e del dolore sia negli avvenimenti della collettività politica, ad esempio la guerra civile in "Nuevo orden", o di un gruppo sociale più ristretto come la famiglia (è il caso di "Sundown", in cui i Bennett vengono raggiunti dalla notizia di un grave lutto mentre si trovano in vacanza all’estero), sia nelle vicende private e interiori del singolo individuo, come accade in "Memory", in cui l’incontro fortuito di due individui porta all’affioramento di traumi sessuali irrisolti nella fragile psiche di Sylvia, tenuta sotto controllo da una rigida disciplina esistenziale fatta di rinuncia ai propri vizi autodistruttivi. L’irruzione del male nella forma del conflitto porta alla polarizzazione di trame e personaggi intenti a vivere una lacerazione profonda, a cui reagiscono con il tentativo disperato di riacquistare un equilibrio e di giungere alla (dis)soluzione del proprio dolore. Franco segue questi tentativi con uno stile di regia algido e distaccato, composto da piani medi e totali, da inquadrature prive di movimenti di macchina e spesso lunghe, come se il regista frapponesse fra sé e i personaggi una sorta di distanza di sicurezza tale da permettergli di osservare questi ultimi in modo austero ma oggettivo, di descrivere cioè naturalisticamente la complessità delle loro reazioni emotive unite alle loro azioni.
La freddezza del suo stile è inoltre sottolineata dalla congiunzione delle inquadrature e del set, finalizzata a imprigionare i personaggi in cornici visuali costituite da elementi architettonici o urbani. I luoghi delle riprese di "Memory" sono le abitazioni dei due protagonisti e le strade di New York, la città in cui risiedono: Sylvia e Saul sono spesso ritratti come se fossero "rinchiusi" sia all’interno di strutture urbane, come i palazzi che costeggiano le vie della Grande mela (foto 1) o le colonne di ferro della metropolitana (foto 2), sia nei loro appartamenti, dato che la macchina da presa li riprende spesso da un’altra stanza rispetto a quella in cui i due si trovano, fotografandoli quindi mentre sono incorniciati da una porta (foto 3).
Sylvia e Saul riescono a reagire al proprio personalissimo dolore, determinato da abusi passati e da gravi problemi cognitivi come la demenza precoce, grazie al loro incontro, tanto fortuito e foriero di dubbi e accuse, quanto provvidenziale nel permettere a queste due vite solitarie di unirsi trovando finalmente pace e amore. Franco inserisce dunque un elemento raro nella sua filmografia: una sorta di happy ending coincidente con la creazione di una nuova identità determinata dalla coppia e, insieme, dalla rinuncia al proprio passato doloroso a cui viene preferito il presente. Sylvia e Saul riescono quindi a creare una relazione amorosa in cui rifondare le proprie vite e le rispettive identità, non più monadiche e nevroticamente ancorate a un passato opprimente (tanto nella forma di un eterno ritorno di ricordi traumatici in lei, quanto nella costante ricerca di memorie che sfumano e si dissolvono a causa della demenza in lui) ma liberato dalla rinuncia ai propri trascorsi per vivere liberamente l’oggi.
Questa struttura narrativa non può non ricordare la commedia romantica, genere caratterizzato dalla distanza fra i corpi come luogo in cui inscrivere il desiderio (tanto della carnalità quanto dell’unione amorosa) e, appunto, dall’happy ending costituito dal superamento degli ostacoli che si frappongono al congiungimento dei due individui e dalla creazione di una nuova identità determinata dalla creazione della coppia. Franco realizza quindi un film drammatico che percorre i binari narrativi e strutturali della commedia romantica, ma che al contempo viene svuotata dall'interno, tramite l'annullamento della componente umoristica e allegra (la commedia) insieme a quella amorosa (il romanticismo). Se del lieto fine si è già parlato, le problematiche esistenziali (il male e il dolore privati che i due personaggi riescono a gettarsi alle spalle) costituiscono tanto l’elemento drammatico quanto lo spazio che separa i due personaggi e ne permette l’attivazione del desiderio.
Michel Franco continua con la propria poetica fondata sull’osservazione algida e distaccata di conflitti privati e collettivi, realizzando un nuovo lungometraggio che convince sia per la capacità di rappresentare le delicate fragilità dei due personaggi, grazie anche alla bravura dei due interpreti, sia per l’interessante unione del proprio stile registico con la struttura del genere romantico.
cast:
Jessica Chastain, Peter Sarsgaard, Brooke Timber, Merritt Wever, Jessica Harper
regia:
Michel Franco
titolo originale:
Memory
distribuzione:
Academy Two
durata:
100'
produzione:
Teorema, High Frequency Entertainment, MUBI, Ketchup Entertainment
sceneggiatura:
Michel Franco
fotografia:
Yves Cape
scenografie:
Claudio Ramírez Castelli
montaggio:
Óscar Figueroa, Michel Franco
costumi:
Gabriela Fernández
Sylvia (Jessica Chastain), un'ex alcolista che ha subito abusi sessuali durante l'adolescenza, incontra per caso Saul (Peter Sarsgaard), affetto da demenza senile. Queste due vite, segnate da dolore e solitudine, riusciranno ad ottenere un po' di pace grazie al loro progressivo avvicinarsi.