"Non stiamo salvando il mondo, lo stiamo solo replicando", risponde amaramente Zanna (un penetrante, secco, grandioso Filippo Timi) ad Andrea che gli chiede il motivo profondo della chiamata spirituale. Due novizi in un monastero sull'isola di S. Giorgio (Venezia), due giovani alla ricerca del proprio percorso di fede. Dubbi e tormenti che li condurranno verso soluzioni differenti dopo aver attraversato il tunnel dell'apparato ecclesiastico.
Riti quotidiani ripetuti con indefessa meccanicità, sottilissime procedure di lento autoannientamento. Nessuna goccia di sangue, però, nessuna macchia: il pavimento deve risplendere sotto i colpi degli spazzoloni. Ordine, pulizia, chirurgia dell'anima. La lacerazione è tutta interiore, silenziosa, soffocata, implacabile. Al termine dello stage il seminarista sarà totalmente spogliato di qualsiasi spirito critico, desiderio di autodeterminazione, capacità di ragionamento. Sarà solo un'ombra, un burattino, un automa senza corpo (efficace la scena delle sagome nere che vagano indistinte per il lugubre corridoio) incapace di interpretare qualsiasi realtà differente dal Verbo, dalla Fede, dal Precetto. Un agghiacciante corso di formazione con l'unico scopo di raggiungere la completa, cieca sottomissione alla suprema autorità religiosa.
Come nel bell'esordio di "Private", Costanzo dimostra nervi saldi e notevole rigore confermando l'originalità e la forza del suo cinema - trascinato, ancora una volta, da una direzione di macchina davvero superba - ma qui "stecca" completamente il finale con una chiusura frettolosa, rattoppata, confusa, che neutralizza l'enorme potenza accumulata.
04/06/2008