"La prego, non mi faccia apparire ridicola" (Marilyn Monroe)
Colin Clark, poco più che ventenne, si ritrovò sul set de "Il principe e la ballerina" come aiuto-regista, qui conobbe Marilyn e ne divenne fidato confidente, durante la parentesi londinese della diva, nel 1956. Oggi, Colin Clark ripercorre quel periodo in un romanzo ("My Week With Marilyn"), da cui è tratto il film.
Norma Jeane Baker, in arte Marilyn Monroe, lo scorso 1 giugno, avrebbe compiuto 86 anni e ad agosto ricorrerà il cinquantennio della morte della più grande star che Hollywood abbia mai conosciuto. Un tempo che non conosce vecchiaia, per un mito che riluce ancora vibrante. Durante la parentesi inglese, Marilyn era già un'attrice affermata (aveva girato dai piccoli ruoli in "Una notte sui tetti", "Eva contro Eva" a "Gli uomini preferiscono le bionde" e "Come sposare un milionario") e un'icona sensuale idolatrata ma scomoda. Perché la sua instabilità, il senso di inadeguatezza, la paura di non essere all'altezza, la consumavano dall'interno rendendo difficile, se non impossibile, lavorare con lei. Le ore di ritardo e le fughe improvvise dal set si accentuarono durante le riprese della commedia di Laurence Olivier, con cui Marilyn ebbe un rapporto continuamente conflittuale. Le pillole calmanti, di cui faceva continuamente uso, non riuscirono mai ad annichilire la portata distruttiva delle sue insicurezze. Talmente bella e talmente fragile, Marilyn non credeva alle sue potenzialità artistiche, vittima di un corpo che le dava da mangiare, ma la piegava sotto il giogo di mille paure. Disse di lei Howard Hawks: "La Monroe era terrorizzata di entrare in scena, perché aveva un complesso di inferiorità tremendo. Per esempio, quando abbiamo cominciato a farla cantare ha cercato di scappare via dallo studio di registrazione due o tre volte. Abbiamo dovuto acchiapparla e tenerla stretta per farla rimanere lì. In realtà cantava molto bene. Aveva paura, tutto qui: paura di non farcela".
Il set de "Il principe e la ballerina" era, dunque, teso; ma qui Marilyn instaurò una amicizia sincera con Colin Clark, l'unico di cui poteva fidarsi e che la accompagnò in un week-end tra svago e cadute depressive nella metropoli inglese. In quegli anni Marilyn aveva da poco sposato Arthur Miller (il famoso drammaturgo), ma già si sentiva tradita da lui, come da tutti gli uomini che aveva conosciuto, e Colin, con il suo aspetto pulito e innocente, rappresentò un fugace momento di autenticità. Lui si innamorò perdutamente di lei, come tutti.
Il mito della donna più desiderata di tutti i tempi rivive in un'opera strettamente british (simil-"Il discorso del re", per citarne uno), che, rincorrendo un equilibrio formale tra la commedia elegante e il dramma sincero, delinea con rispetto - senza svilirsi in agiografica artificiosità - la natura contraddittoria del personaggio-Marilyn e della persona-Norma. Questo tipo di cinema britannico muove dall'amalgama di tre assunti: l'impianto umoristico, la regia semplice e lineare e la centralità della prova attoriale. In questo caso, Michelle Williams si è trovata ad affrontare un compito arduo e temibile, quello di incarnare l'inimitabile Marilyn. L'attenzione - di critici, fan e passanti - è stata calamitata tutta da lei: sarà stata all'altezza o no? Ci si è chiesti, in un vespaio di considerazioni sul tutto e il suo contrario. Nel film, Michelle Williams dispensa sguardi di languida consapevolezza, un incedere sinuoso, e sorrisi ammiccanti e contagiosi nella loro spontaneità, che richiamano l'allure di cui Marilyn era portatrice naturale. Premiata con il Golden Globe, l'attrice è stata affiancata da interpreti di rilievo e il risultato è una pellicola che quantomeno funziona e porta a casa il risultato prefisso. Far rivivere un (il) mito con dignità e onestà.
cast:
Michelle Williams, Kenneth Branagh, Julia Ormond, Eddie Redmayne, Dougray Scott, Judi Dench, Emma Watson
regia:
Simon Curtis
titolo originale:
My Week With Marilyn
distribuzione:
Lucky Red
durata:
99'
produzione:
BBC Films, Lipsync Productions, Trademark Films, UK Film Council, The Weinstein Company
sceneggiatura:
Adrian Hodges
fotografia:
Ben Smithard
montaggio:
Adam Recht
musiche:
Conrad Pope