Il grido di rabbia nichilista e furia anarchica promulgato dal credo punk che incendiò la Londra di fine anni Settanta, facendo
tabula rasa all'interno del mondo del
music-business, non può che diventare il ritmo impazzito che accompagna le magie e le prodezze di gioco di un folletto geniale, uno "scugnizzo" irriverente e inarrestabile, che proprio agli inglesi "ruba il portafoglio" in un mondiale stregato per le "superpotenze" e magico solo per un disastrato paese del sud del mondo. Un mondiale che vede ribaltate quelle leggi non scritte che regolano il mondo e l'incoronazione di un uomo che di lì in avanti non sarebbe più stato tale, trasformandosi in qualcosa che va oltre ogni limite.
Kusturica (in)segue Maradona per due anni per realizzare questo documentario e percepisce il campione argentino come ideale protagonista di tre film da lui girati (intervistandolo, tali sensazioni trovano conferme - di particolare interesse ed efficacia il parallelo con "Ti ricordi Dolly Bell?" e "Papà è in viaggio d'affari", quando le immagini dei due lungometraggi si alternano a quelle di Maradona che narra della sua infanzia a Villa Fiorito); lo immagina come un dio in terra e scopre l'esistenza di una Chiesa Maradoniana e di una nutrita setta di proseliti, che venera "El Diego" proprio come tale.
Due anni di viaggio all'interno dell'universo Maradona per tentare di comprendere un fenomeno che trascende lo sport che l'ha consacrato alla fama planetaria, per tentare di catturare un'icona proteiforme e inafferrabile, un simbolo immortale (che, più volte sull'orlo del baratro, è stato in grado di risorgere e andare avanti alla sua maniera - l'indescrivibile esultanza dopo il gol alla Grecia nel mondiale americano). Un viaggio al termine del quale ci si ritrova al punto di partenza con un largo sorriso di gioia stampato sul viso per aver conosciuto un autentico "rivoluzionario" anormale, destinato (e condannato) a essere osannato e idolatrato in eterno (le immagini di delirio e caos il giorno del suo ritorno a Napoli e quelle della Bombonera di Buenos Aires mentre assiste dalla tribuna a una partita del Boca).
Maradona si racconta e viene raccontato (il Diego di Cuba e quello del Summit of the Americas che critica aspramente Bush, il Diego "padre" e quello schiavo della cocaina) per l'ennesima volta (neanche l'ultima, probabilmente), ma stavolta si ritrova di fronte a un alter ego cinematografico con il quale il matrimonio è perfetto e non può che espletarsi sul terreno di gioco: la scelta cade su quello dello stadio di Belgrado (che Diego calcò nel 1982, segnando uno strepitoso gol contro la Stella Rossa) dove lui e Kusturica palleggiano e calciano punizioni, mostrando l'intesa e l'affiatamento raggiunti.
Infine, per carpire lo spirito di quest'operazione, è necessario affidarsi alle parole dello stesso regista, che interrogato sul perché in "Black Cat, White Cat" il personaggio di Matko (in una scena del film) gridi "Maradona!", risponde: "Più forte di ‘Gol!' c'è ‘Maradona!', perché un gol di Maradona è al di sopra di tutto, non è un gol qualsiasi".
09/06/2008