Sì, è il film che ha lanciato il bel Gael García Bernal, qui ancora imberbe, poi destinato ad Almodóvar, Che Guevara e notorietà mondiale (e anche l'altro coprotagonista, Diego Luna, ha poi lavorato con Spielberg). Sì, è il film che ha lanciato anche il regista, Alfonso Cuarón, poi approdato a Hollywood e a Harry Potter vari. Non solo, è il film che ha in qualche modo sancito l'affermazione di "un nuovo cinema messicano", qualche anno fa, visto che a questo faceva il paio, per dire, il di poco precedente "
Amores Perros" di Iñárritu (pure lui diventato regista di fama internazionale). Insomma: è un film che ha portato bene, ha avuto successo, incassi e persino riconoscimenti di critica ben oltre patria.
Per chi scrive, però, è un film in tutto e per tutto sopravvalutato.
Ad ogni modo, come si fa in molti casi, cominciamo dalle note positive, "indoriamo la pillola": non è un caso se il film sia divenuto trampolino di lancio per gli attori protagonisti, perché tutto sommato se lo sono meritato. La loro interpretazione, sia dei due ragazzi sia della bellissima, sensualissima, dolcissima Maribel Verdú (vertice femminile del triangolo), è spontanea, naturale e disinvolta quanto basta (anche e soprattutto nelle scene di sesso) per consentire l'immedesimazione e la partecipazione. Se si è bravi e belli, al cinema, di sicuro non si passa inosservati.
Peccato che poi questi debbano anche parlare, e qui sì che sono dolori.
Ad una attenta considerazione sulla sceneggiatura non può venir meno la domanda: qual è il suo intento? Cosa si promette di fare, che messaggio vuole trasmettere? Un quesito che rimane insoluto. Il livello base del film è sostanzialmente questo: tre persone che fanno un viaggio, parlano un sacco di sesso anche in modo approfondito, incontrano persone, visitano luoghi, scherzano ridono piangono si ubriacano, e poi, ovviamente, fanno anche ciò di cui tanto bene sanno parlare.
Fin qui, onestamente, niente di nuovo e niente di che: per una trama simile basta rivolgersi ad uno dei tanti
college movie americani degli ultimi anni. Certo, a differenza di questi manca l'esplicito intento di rivolgersi all'intrattenimento per ragazzini e anzi, di contro, si punta dritti al richiamo del "cinema d'autore", al quale si dovrebbe teoricamente alludere con immagini e paesaggi scenografici di intensa bellezza, una fotografia curata, persino un finale amar(issim)o.
Ma resta il mistero: di cosa voleva parlare questo film? Della chiusura del mondo giovanile ai problemi della società messicana (che però restano sempre sullo sfondo, sfocati, indistinti)? Della caduta dei valori e degli ideali, laddove i due giovani puntando al divertimento materiale (droga, sesso, alcohol) si contrappongono all'animo romantico e malinconico di Luisa, giustificato comunque dal brutto segreto che nasconde? O molto più semplicemente mostrare due adolescenti perennemente eccitati che pensano solo a copulare e costruirci, con poco altro, un film su?
Perché è chiaro: non bastano un po' di scene di sesso "scabroso" per fare scandalo (tanto più se non sono neanche usate per giustificare un eventuale malessere giovanile, come che so in "Ken Park"), così come non basta parlare molto, quasi a raffica, per coprire la vuotezza di idee, ancor più se i dialoghi sono sempre banali e quasi irritanti (e raggiungono l'apice nella scena del bar sulla spiaggia, dove le battute deliranti derivate dall'ubriachezza dovrebbero creare un'atmosfera calda e simpatica e invece finiscono col renderla solo molto triste).
Su tutto, poi, una fastidiosa e ricorrente
voice off che parla e spiega avvenimenti passati, situazioni accadute nei luoghi che si vedono, oppure cose che noi non sappiamo sui tre protagonisti: neanche fosse una sorta di coro greco detentore di chissà quale sapere...
Insomma, va bene tutto, ma spacciare per "film d'autore" anche questo no. E non è la chiusa del film a lasciare tanto con l'amaro in bocca, quanto piuttosto il cazzeggio ostentato e insistito dell'ora e quaranta precedente.
31/07/2008