Quando si decide di rievocare, narrandolo per immagini, un periodo della propria vita, ed esso riaffiora alla memoria più con i colori, le musiche, i sapori che non con una diegesi rigorosamente costruita, il mood ricreato dal regista avvince lo spettatore relegando in un cantuccio le perplessità legate alla trama. La commedia italiana, con i triti menage familiari alla Virzì, con genitori perennemente separati con figli che immancabilmente frequentano i licei, con insegnanti che si conquistano la fiducia degli studenti condividendone gusti musicali e fedi calcistiche, può virare verso altri lidi affidando il punto di vista ad una adolescente, sulla cui sensibilità raccordare la fine della fanciullezza ludica e spensierata e l’ingresso nell’età del consapevole disincanto.
L’esordio al cortometraggio di Elisa Amoruso, regista con al suo attivo alcuni documentari, ha per protagonista Nina, adolescente che a causa della ludopatia paterna è costretta a trasferirsi col resto della famiglia in un quartiere romano a lei sconosciuto in cui dovrà ricominciare tutto daccapo, scuola e amicizie. Nina è intelligente e sensibile e vive su di sé il peso dei frequenti litigi tra i genitori: un padre che rientra tardi la sera e che vive ai margini della legalità barattando merce di incerta provenienza con macchine fotografiche usate, una madre che parla tra una sigaretta e l’altra ma che è corteggiata da qualche vicino perché ancora piacente. Una stanza da dividere col fratello e la frequenza dell’istituto gestito dalle suore completano il quadro. Le giornate si susseguono lasche fino a quando una delle compagne di classe, Sirley, un’immigrata originaria della Guyana francese, non stringe amicizia con lei. Se Nina è per certi aspetti ancora infantile, Sirley frequenta già un ragazzo, ha un modo di fare più emancipato. L’amicizia e la complicità tra le due diventano sempre più profonde, finchè paiono innamorarsi. Nel bel mezzo del turbinio dei sentimenti, la madre di Nina rivela di essere in attesa di un figlio, cosa che anziché appianare acuisce i dissapori col marito. Nina vive tuttavia intensamente la relazione con la compagna. Una delle scene più riuscite del film è sicuramente quella della giornata di villeggiatura: tutta la famiglia al mare, Sirley compresa, ma senza il padre. Durante il tragitto tutti cantano all’unisono "Maledetta primavera". Brano ossimorico che racchiude molto del senso del film: per la madre di Nina la gioia (dei ricordi) mista al dolore (del presente) per l’impossibilità di sottrarsi all’amore per un marito scapestrato, per Nina la felicità del presente. Per apprezzare gli sprazzi di luce della campagna romana non è tra l’altro neanche necessario arrivare fino al mare. Nina e Sirley, insieme ad altre giovani, partecipano a una selezione che vedrà la prescelta sfilare come rediviva Madonna nel corso di una processione campestre. Nina, tuttavia, pur avendo fatto colpo per la sua vivacità, non tiene più di tanto a quel ruolo; la sua è solo voglia di rivaleggiare con l’amica: è da lei che vuole essere apprezzata, ammirata e, in definitiva, scelta. "Maledetta primavera" è un racconto di formazione dalla delicata fotografia al pastello. Delicata come il volto di Nina. È la rappresentazione della fine dell’innocenza e dell’infanzia attraverso la prima delusione sentimentale. A Nina Sirley preferisce infatti un ragazzo.
Accanto al Bildungsroman di Goethiana ascendenza, c’è tuttavia da rimarcare la presenza sottotraccia di un’altra chiave di lettura del film. Ambientando la vicenda alla fine degli anni ’80 e facendolo con una apprezzabile cura scenografica, Elisa Amoruso, senza addentrarsi nel campo sociologico o in categorie politologiche, guarda comunque con nostalgia alla giovinezza di quegli anni. E ciò con la consapevolezza di chi sa che essere adolescenti allora è molto diverso da come lo si è oggi: la società al crepuscolo degli anni ’80 è irrevocabilmente finita. Come l’infanzia di Nina, appunto. Non è un caso che recentemente anche altre pellicole del Cinema italiano, tra cui "Est - Dittatura Last Minute", pur con accenti e modalità differenti, costituiscano la rappresentazione di un quadro all’interno della medesima cornice temporale, a ribadire l’irrevocabilità non solo biografica ma anche storica di quegli anni.
cast:
Fabrizia Sacchi, Manon Bresch, Federico Ielapi, Emma Fasano, Giampaolo Morelli, Micaela Ramazzotti
regia:
Elisa Amoruso
titolo originale:
Maledetta primavera
distribuzione:
BiM Distribuzione, Fandango
durata:
94'
produzione:
BiBi Film, Rai Cinema
sceneggiatura:
Elisa Amoruso, Paola Randi, Eleonora Cimparelli
fotografia:
Martina Cocco
scenografie:
Giada Esposito
montaggio:
Chiara Griziotti
costumi:
Gaia Calderone
musiche:
Riccardo Sinigallia
L’adolescente Nina lascia il vecchio quartiere con la propria famiglia e conosce Sirley, una nuova compagna di scuola. Dall’ostilità alla complicità, dall’amicizia all’affetto, dall’illusione al disincanto si dipana un racconto sullo sfondo della fine degli anni ’80, quando l’adolescenza aveva un altro sapore perché non sapeva di smartphone e di solitudini connesse.