Il produttore Michael Bay e la sua Platinum Dunes, specializzati in remake di noti film horror come "The Hitcher" o il recente "
Venerdì 13", questa volta si cimentano con un soggetto "originale" dello sceneggiatore-regista David S. Goyer, piuttosto abile nello scrivere solidi film di genere ("Dark City", "Blade", "Batman Begins") quanto inetto dietro la macchina da presa (il rozzo, terzo capitolo, della serie "Blade", e lo scialbo "Invisible"). La confezione non è tirata via come in altri prodotti analoghi e le premesse sono pure interessanti, benché l'aria che tiri sia la stessa dai tempi de "L'esorcista": la bellissima ragazza di turno (Odette Yustman, ben lieta di girare per mezzo film in biancheria intima, ormai un "
topos" autoriale della
factory di Michael Bay) è ossessionata da visioni e sogni raccapriccianti. Schifosi insetti che emergono da una toilette, un cane dalla testa capovolta (uno dei pochi momenti di vera inquietudine), e soprattutto il volto pallido e spaventoso di un ragazzino. I segni aumentano: il colore delle iridi della protagonista inizia a modificarsi, un bambino la avvisa che "Junby vuole nascere adesso", e intanto qualcuno vicino alla ragazza ci lascia le penne. Di mezzo ci si mette pure una vecchiaccia che inizia a farneticare di esperimenti nazisti sui bambini (e siamo a quota quattro film americani in due mesi che tirano in ballo nazisti e SS, ormai i crucchi mancano all'appello solo nel nuovo
cartoon Pixar). Tanto rumore per nulla, comunque. Alla fine trattasi del "solito" demone malvagio che per entrare nella nostra dimensione necessita di reincarnarsi nel corpo di un(a) mortale. E allora via di esorcismo...
Goyer non tenta nemmeno di rimaneggiare i
cliché che mette in scena, il film rispetta tutte le regole del genere, ma perlomeno nella prima parte suscita qualche brivido e cattura l'attenzione (la sequenza onirica che apre la vicenda, l'ambientazione glaciale), e non è interpretato da cani come altri horror recenti (e conta pure sulla presenza del sempre professionale, e ormai rabbonito, Gary Oldman, qui rabbino esperto in esorcismi), ma ci vuole ben altro per lasciare il segno. La soluzione è affrettata, con il
climax finale che si interrompe sul più bello, gli innesti seriosi (i crimini del passato si ripercuotono sul presente) di certo onorevoli, che però stonano, e i momenti paurosi e il sangue centellinati per non incorrere in divieti "sciupa incassi" (negli Usa il film è distribuito come PG-13, possono vederlo senza problemi pure i teenager). Conclusione: magari i patiti del genere si divertiranno, per gli altri trattasi senza dubbio di una discreta perdita di tempo. Forse abbiamo sopravvalutato Goyer, ma piacerebbe vederlo al lavoro su qualcosa di più "sostanzioso".