"Love & Secrets" si colloca nel filone dei thriller "tratti da una storia vera", ovvero quei gialli costruiti su fatti di cronaca clamorosi, particolarmente rilevanti nell’immaginario di un paese o di un’epoca. Nulla di nuovo, insomma. Il capostipite di questa ricca categoria è proprio il leggendario “Psyco” del maestro Hitchcock, il thriller per eccellenza, mentre, tra i casi più recenti, è bene annoverare l’anomalo e affascinante "Zodiac" di David Fincher che, sotto certi aspetti, è assimilabile al film in analisi.
La vicenda narrata è quella di David Marks (Robert Durst, nella realtà), figlio di un facoltoso – e tutt’altro che onesto – imprenditore edile americano. Negli anni Ottanta, il rampollo, innamoratosi dell’ingenua Kathie McCarthy, una giovane provinciale, decise immediatamente di sposarla. Il loro rapporto sembrava funzionare bene, ma a un certo punto, senza un motivo preciso, la situazione mutò radicalmente. Infatti, David cominciò ad assumere comportamenti sempre più violenti e aggressivi nei confronti della moglie, svelando un dispotismo brutale e inspiegabilmente paranoico.
All'improvviso Katie sparì nel nulla, proprio mentre alcuni inconfessabili segreti dei Marks cominciavano a salire a galla.
"All Good Things" - questo il titolo originale - è un’opera molto insolita, decisamente discontinua dal punto di vista formale, assurdamente eterogenea nella struttura narrativa. L’esordiente Jarecki (già autore di un documentario e di un mediometraggio) unisce la ripresa minuziosamente didascalica della cronaca, il fascino morboso del melodramma domestico e la robusta tensione del thriller giuridico e assembla un oggetto oscuro, irrisolto, ambiguo, ma innegabilmente intrigante.
I limiti di "All Good Things" sono evidenti; anzi è quasi palese l’esplicita ammissione delle crepe strutturali che rendono l’opera instabile fin dalle fondamenta. I difetti maggiori sono però circoscritti alle scene d’ambientazione contemporanea, che vogliono troppo forzatamente rispondere a un intento documentaristico che permetta di riportare gli eventi con la maggiore veridicità possibile.
Il corpo centrale, al contrario, è permeato di un singolare e ossessivo nervosismo, che si concreta in sequenze magnetiche e opprimenti, dense di un’atmosfera tenebrosamente morbosa, di una tensione stranamente aggressiva, alle volte sottilmente erotica.
Il rapporto prima sincero, poi letale tra i due protagonisti è corroborato da due interpreti in gara di bravura. Ryan Gosling, maledettamente seducente e spaventosamente istrionico, è la carnificazione del male, proprio perché contrassegnato da una mostruosità ingannevole e ambivalente, insieme attraente e repellente. Kirsten Dunst (qui ancora in fase "pre-Melancholia") sa unire al candore ingenuo, proprio del suo personaggio, una piccola dose di sottintesa perversione che le permette di esprimere varie e complesse sfumature interpretative.
La fotografia è statica, rigorosa e predilige le atmosfere notturne che, dense di tonalità bluastre e unite da un montaggio intelligente, provvedono a incrementare ulteriormente l’atmosfera profondamente ansiogena della messinscena.
"All Good Things" è un film che mette volontariamente a disagio lo spettatore, ma che rende anche molto difficile la convinta assegnazione di un giudizio esatto, perché resta continuamente in bilico tra riuscitissime e originali scelte formali e vistosi errori di scrittura. Di fatto costituisce un lavoro acerbo, ma sicuramente apprezzabile.
cast:
Ryan Gosling, Kirsten Dunst, Frank Langella, Lily Rabe, Philip Baker Hall, Michael Esper, Diane Venora, Nick Offerman
regia:
Andrew Jarecki
titolo originale:
All Good Things
distribuzione:
Bim
durata:
100'
produzione:
Barbara A. Hall
sceneggiatura:
Marcus Hinchey, Marc Smerling
fotografia:
Michael Seresin
scenografie:
Wynn Thomas
montaggio:
David Rosenbloom, Shelby Siegel
costumi:
Michael Clancy
musiche:
Rob Simonsen