È ormai assodato: Hirokazu Kore-eda è il nuovo cantore della famiglia. La sua filmografia è costellata da tutta una serie di scorribande nelle relazioni parentali da farne un vero e proprio esperto in materia. Il suo ultimo film, presentato in concorso a Cannes, dove però è rimasto a bocca asciutta al momento dell'assegnazione dei premi, è un ulteriore tassello posto in questa prospettiva. Che direzione sta prendendo il cinema di Kore-eda? Difficile dare una risposta definitiva e ancor di più valutare lo stato della sua vena creativa. Ci pare perciò abbastanza affrettata, a visione ultimata, la conclusione cui molti critici detrattori sono giunti sulla Croisette. È vero, la famiglia di Kore-eda sta cambiando e sta cambiando anche il suo approccio alla visione di questo piccolo universo.
I suoi primi lavori e poi anche quelli della maturità con cui si è fatto conoscere prima in Europa e poi in America avevano costantemente una componente di tragicità violenta più o meno esibita. La messa in scena conservava sempre qualcosa di drammaticamente disturbante. Anche quando ad essere descritti erano stati d'animo rivolti a un futuro ottimista, come nel caso di "Nessuno lo sa", le vicissitudini narrate passavano necessariamente per snodi centrali dove i protagonisti si mettevano alla prova con trasporto fisico e psicologico dirompente.
Altro tema che faceva del cineasta giapponese un autore molto ben caratterizzato era la sua passione per i temi legati alla memoria e all'elaborazione del lutto. Argomenti che facevano da filo conduttore per una descrizione familiare prima, ma più generale poi, di un Giappone in continuo e tumultuoso mutamento. Da "Father and Son", invece, il focus si è spostato, come capovolto, fino a raggiungere il suo totale compimento con questo emozionante "Our Little Sister". Le difficili prove nel percorso di maturazione e crescita dei personaggi di Kore-eda non passano più necessariamente da traumi violenti, l'esperienza della morte e del disagio. Anche semplicemente raccontando il placido susseguirsi delle novità che in ogni casa possono verificarsi, il regista nativo di Tokyo mantiene la sua abilità nel saper fotografare l'incontro fra la tradizione nipponica e la modernità inarrestabile.
Divise fra la conservazione dei costumi storici e la tentazione di una contemporaneità travolgente, le tre sorelle che animano "Our Little Sister" conducono una vita apparentemente ordinaria: c'è l'amore nella loro vita, e poi il lavoro, le responsabilità, i legami parentali, quelli di amicizia, una comunità viva e contraddittoria attorno. C'è poi l'arrivo della sorellastra, che il loro padre, un fedifrago impenitente che mandò all'aria l'unità della famiglia proprio per un'altra donna (la madre della giovane Suzu, appunto), vero elemento scardinatore degli equilibri preesistenti e banco di prova per la tenuta affettiva del particolare focolare domestico, tutto al femminile.
Ma questi cambiamenti vengono osservati da Kore-eda senza ricorrere ad alcun artificio di finzione. E questo è ciò che commuove e intenerisce. La storia procede placida, fra pochi momenti di tensione e molta naturalezza, mai estremizzata dalle scelte di regia, ma resa assolutamente coerente e credibile proprio perché ben integrata con l'universo di contorno così ben disegnato intorno alle protagoniste. Soavità e serenità, ottimismo e pacatezza: sono le doti di Kore-eda uomo e artista, che vengono trasmesse agli esseri umani che si animano così realisticamente nella sua pellicola.
Certo, a volte, e soprattutto in confronto con il bellissimo "Father and Son", sembra quasi che ci sia una volontà decisa di appianare oltre il dovuto i fisiologici momenti di tensione o di drammaticità. Laddove nella storia delle due famiglie alle prese con uno scambio di figli e con tutti gli interrogativi del caso sull'essenza stessa del vincolo genitoriale la macchina da presa non si faceva scrupolo di evidenziare i tratti più laceranti del dilemma interiore, in "Our Little Sister" le problematiche relative al nuovo ingresso nella famiglia di Sachi, Yoshino e Chika a volte vengono programmaticamente appianate proprio per dare maggiore risalto a un'atmosfera di tenerezza che domina nella casa delle tre sorelle.
Dopo la separazione, la morte, la nascita, il delitto, la violenza, l'adozione e l'allontanamento, Kore-eda dunque si concentra sul tema della fratellanza e della forza di un rapporto paritario e orizzontale che è la vera arma in più con cui le ragazze affrontano il presente. Nella loro personalità, complementare eppure così marcatamente diversa, il cineasta giapponese condensa tutta la sua visione del Giappone del nuovo millennio. Una visione critica eppure amorevole, come sempre, legata a questa dicotomia già affrontata diffusamente, sebbene con toni ben differenti, da Takeshi Kitano. Tutte e tre le giovani donne, ma forse tutte e quattro se comprendiamo anche la new entry Suzu, vivono a cavallo fra rituali quasi magici di un tempo ormai fuggito e ambizioni e aspirazioni di un Paese globale e spregiudicato. Sta nel sottile equilibrio fra queste due pulsioni, a quanto ci dice Kore-eda, la chiave del successo. E il successo intimo di cui ci parla "Our Little Sister" non è certo il raggiungimento di una chimerica felicità; è piuttosto la piena presa di coscienza del proprio posto nel mondo, quella possibilità di affrontare un percorso individuale con serenità e tranquillità. Dunque, bando alle perplessità e alle pedanti osservazioni critiche, il cinema di Kore-eda è sempre in grande forma e ha un pregio unico: si esce dal cinema con il sorriso stampato sul volto e con il cuore gonfio di gioia. Non è poco.
cast:
Haruka Ayase, Masami Nagasawa, Kaho , Suzu Hirose, Ryo Kase
regia:
Hirokazu Kore-eda
titolo originale:
Umimachi Diary
durata:
126'
produzione:
Kaoru Matsuzaki, Hijiri Taguchi
sceneggiatura:
Hirokazu Koreeda
fotografia:
Mikiya Takimoto
montaggio:
Hirokazu Koreeda