Compito non facile e che farebbe tremare i polsi a molti quello di Valeria Sarmiento, che decide di completare il progetto che il marito Raul Ruiz stava preparando prima di morire. La regista cilena, che dei film di Ruiz era anche montatrice, si ritrova a dirigere un film di genere di due ore e mezza ambientato nel Portogallo del 1810. Una storia corale di guerra che racconta l'invasione delle truppe napoleoniche nel Portogallo alleato dell'Inghilterra, e lo spostamento in massa della popolazione locale verso le "linee di Wellington", fortificazioni costruite per sbarrare la strada verso Lisbona all'esercito di Massena. Si intrecciano le vicende di numerosi personaggi come soldatini gettati sopra la tela della ricostruzione storica: un sergente che si innamora della vedova di un soldato, un tenente ferito e in fuga che cerca di raggiungere il proprio esercito, un nobile che ha perso le tracce della propria moglie, una giovane inglese in cerca di marito, le alte sfere degli eserciti francesi e inglesi, gente del popolo, truppe autonome, e poi lo stesso Wellington impegnato col proprio pittore di fiducia, preoccupato soprattutto di strategie che oggi definiremmo di marketing.
Grandioso lavoro di montaggio operato dalla stessa Sarmiento e da Luca Alverdi, ma molto curata è anche la sceneggiatura di Carlos Saboga, che per Ruiz scrisse "I misteri di Lisbona". Grande attenzione ai costumi e al tentativo di restituire un senso di realismo e di dramma. La regia della Sarmiento è piuttosto tradizionale, con movimenti di macchina ad accarezzare le scene e seguire i personaggi, campi lunghi sui campi di battaglia con molte riprese esterne. Uno stile convenzionale e coerente che conferisce al film un ritmo lento, ma costante. Non mancano vari luoghi comuni del film di genere, dai pochi svaghi della guerra (il teatro improvvisato, le prostitute, le feste), ai funerali, i delatori, le uccisioni al palo, l'amore, gli abusi, la solidarietà, la religione, le bande indipendenti, i cadaveri sparsi sul terreno, i saccheggi.
Un cast che parla quattro lingue e che, accanto agli attori portoghesi e inglesi, principali interpreti, vede la partecipazione di tre mostri sacri del cinema francese riuniti a un tavolo per un cameo: Michel Piccoli, Catherine Deneuve e Isabelle Huppert. Ma anche Mathieu Amalric, Marisa Paredes, Chiara Mastroianni e John Malkovich nel ruolo del generale Wellington che spiega tra l'altro la ricetta del filetto che prende il suo nome.
La lunga durata e il grande numero di personaggi fanno mancare punti fermi, trascinano il film in alcuni tratti un po' incolori, già visti, per quanto vada dato atto del grande lavoro di preparazione e sviluppo di un progetto così articolato. Il lato oscuro della guerra, la tragedia umana, non emergono in modo molto incisivo o diverso da come siamo abituati a vederli, e rischiano di perdersi sullo sfondo della storia, a cavallo tra la cronaca e l'affresco corale senza coinvolgere o emozionare particolarmente. Manca quel qualcosa che ci faccia sentire lo sporco del fango, la puzza di morte, che sollevi il velo sull'orrore.
Il fatto di essere un film di genere costituisce la forza e al tempo stesso la debolezza di "Linhas de Wellington": se l'opera della Sarmiento ne guadagna in solidità, ci rimette nel versante dell'originalità e della freschezza. Traspaiono comunque l'impegno, la grande coerenza e la dedizione a questo progetto che in molti hanno visto come un atto d'amore. Con l'aggiunta di altri quaranta minuti, pare che il film sia destinato a diventare una serie televisiva.
cast:
John Malkovich, Catherine Deneuve, Isabelle Huppert, Mathieu Amalric, Vincent Pèrez, Marisa Paredes, Chiara Mastroianni, Melvil Poupaud, Michel Piccoli, Elsa Zylberstein, Christian Vadim, Vincent Lindon, Nuno Lopes, Soraia Chaves, Carloto Cotta
regia:
Valeria Sarmiento
titolo originale:
Linhas de Wellington
durata:
151'
produzione:
Alfama Films
sceneggiatura:
Carlos Saboga
fotografia:
André Szankowski
scenografie:
Stephen Malho
montaggio:
Valeria Sarmiento, Luca Alverdi
musiche:
Jorge Arriagada