Letizia Battaglia, nel nome il destino: la gioia nella guerra, un cuore che batte nella tempesta. Dall'infanzia segregata in casa per via di un vicino esibizionista, il matrimonio e la fuga a soli 16 anni, il ricovero in Svizzera per un'esistenza di madre e moglie che manda fuori di testa, la scoperta della fotografia, la chance di una vita: “con la macchinetta al collo ho cominciato ad essere una persona”. Perché la storia della prima fotoreporter italiana nella Palermo in cui la Mafia era proprio “quella di una volta” è un inevitabile percorso accidentato; donna in una società 'maschiocentrica' in cui il gesto naturale è quello di chinare la testa come si volta lo sguardo di fronte ad un morto ammazzato nel vicolo davanti casa.
Il documentario di Kim Longinotto adopera il primo materiale di repertorio per dare il senso della storia: in bella vista la macellazione di una bestia e il racconto fuoricampo del controllo mafioso del mercato della carne, non solo animale, ma certamente e soprattutto umano, perché sono i mandamenti ad autorizzare i funerali e a gestire i cimiteri: chi non può pagare non ha diritto di riposare in pace. La Mafia ha il controllo assoluto sul corpo come un Dio crudele che spande maledizioni e assolve dal peccato.
In questa truculenza emerge il caschetto rosso di Letizia che “si muoveva e distingueva nella folla”, racconta Mariachiara, sua giovane assistente e unica altra voce femminile del racconto che ne descrive le improvvise apparizioni alle manifestazioni. Una forza della natura che ha sempre avuto in odio le sciocche regole dell'etichetta come quando, novella fotografa per l'Ora di Palermo, gridava infrangendo il silenzio timoroso del luogo dell'agguato affinché colleghi e cronisti maschi, forze di polizia tutte, la lasciassero passare per fare il suo lavoro, per scattare le sue fotografie.
Pioniera arrivata lunga, Letizia prende coscienza a quarant'anni di aver trovato la propria strada, ammettendo paradossalmente di non aver avuto prima alcuna illuminazione rispetto al proprio talento e al posto da occupare nel mondo, ma entrando per caso e resistendo per diciannove anni (tra i Settanta e i Novanta) nel cuore nero della storia di un Paese fin da quel primo viaggio, un pomeriggio d'estate, alla volta di un corpo assassinato in un campo accanto ad un olivo, con il vento che stordiva le narici portando l'odore di decomposizione.
Non c'è nulla, ed è qui lo straordinario, nelle parole come nei gesti della fotografa che non sia dettato da un impulso irresistibile. Così la storia di questa vita arrivata a 86 anni approccia con la stessa mancanza di filtro all'amore come alla morte. E mentre osserviamo le istantanee di corpi strappati all'esistenza variamente ricomposti sotto impietosi lenzuoli bianchi, apprendiamo la storia e i volti degli amori di Letizia, - Santi e Franco -, allora giovani scudieri, oggi affermati fotografi, che tornano a trovare la loro musa e a distanza di tanti anni conservano un pudore giovanile che lascia senza fiato. Del resto come si può non amare Letizia Battaglia? Come si può non essere travolti da così tanta voglia di vivere?
Il suo obiettivo non arretra mai, ma non ha timore di dichiararsi impaurito e spaventato, vacillante di fronte ai familiari dei morti durante i funerali, o agli sguardi affamati dei capomafia processati nelle aule di tribunale. “Shooting The Mafia” restituisce questa ambivalenza di sentimento che si trova a metà strada tra tutte le foto scattate “che vorrei bruciare nel fuoco” tanto fanno male a guardarle, e tutti gli scatti mancati - da Capaci a via D'Amelio - per i quali non c'è stato il coraggio di correre sul campo e la cui assenza, ora, fa più male: “Non averle scattate mi fa pensare di aver tradito il mio dovere”. Come una messa in abisso Longinotto utilizza il medium-Battaglia per mostrare i vari livelli del visibile e tutti i passaggi di sguardo che servono per raccontare la storia di chi tenta di dare testimonianza di quel che sta sperimentando sulla propria pelle nell'istante preciso in cui lo sta vivendo.
“Non sono mai stata in pace” dichiara Letizia verso la fine del film e forse per questo non ha ancora smesso di uscire di casa senza una macchina a tracolla o, dopo vent'anni di solitudine, di sentire i battiti accelerati del cuore, ancora per un fotografo, di 38 anni più giovane. Sorride e ammette che il successo affatica, che ha sempre preferito l'amore. Pure adesso, a questa età, che dice essere bellissima. Non ha paura di niente Letizia Battaglia, forse perché troppe volte ha dovuto scendere a compromessi con questo sentimento: neppure della morte, naturalmente. Ma ammette che vorrebbe tanto non smettere mai di vivere. Lo dice e la voce si incrina un momento. Poi il film finisce.
cast:
Letizia Battaglia
regia:
Kim Longinotto
titolo originale:
Shooting The Mafia
distribuzione:
I Wonder Pictures
durata:
97'
produzione:
Lunar Pictures
fotografia:
Kim Longinotto
montaggio:
Ollie Huddleston
musiche:
Ray Harman