Louise perde l'ultimo treno in partenza dalla località balneare dove ha trascorso l'estate sulle coste della Normandia. La cittadina è ormai completamente deserta. L'anziana donnina vivrà l'intero anno successivo, arrangiandosi come può, in una capanna sulla spiaggia, in completa solitudine fatta eccezione per la compagnia di un cane. Nessuno si ricorda di lei, che pure, per un po', sembra convinta che qualcuno arriverà a cercarla.
Solo superficialmente il film è metafora della solitudine della terza età, di cui la società contemporanea sembra dimenticarsi facilmente. Louise è risucchiata in una dimensione completamente slegata dal mondo, un vero e proprio universo parallelo, in cui il surreale e l'inverosimile hanno piena cittadinanza. Quale motivo si nasconde allora nella solitudine di Louise? Perché, effettivamente, è rimasta sola?
Louise rimane sola perché, letteralmente, il tempo si è fermato - o meglio, ha preso un'altra via. Mentre preparava i bagagli, le lancette di un orologio segnavano un'ora sbagliata (per questo ha perso il treno): da questa fatalità, casuale solo in apparenza, si comprende che il film ha a che fare con la discronia fra le stagioni reali (i giovani che popolano la spiaggia all'inizio del film) e le stagioni interiori. Il tempo interiore è sia quello della vita intera, in cui alcuni momenti del passato coesistono col presente, vivi nella memoria, sia l'età che si sta vivendo (la vecchiaia, per Louise). Soffermandosi sul titolo italiano, una cosa sono le stagioni, altra cosa quelle di Louise.
Ne "Le stagioni di Louise", girato con tecniche d'animazione tradizionali, i delicati colori pastello lasciano intravedere la grana della carta. Laguionie è ricorso anche al digitale, coniugato all'animazione 2D al fine di restituire l'effetto di pittura animata che possiede tutta la sua opera, con la parziale eccezione forse solo di un lungometraggio più commerciale ("Scimmie come noi", 2001).
Louise vede il treno svanire all'orizzonte; le nubi si addensano, il cielo diventa di pece. Il vento s'alza improvviso, la pioggia inizia a cadere, un barile rotola via e insegue l'anziana donna per le strade deserte, di un paese trasformato in un De Chirico. Lavorando con cura anche sul sonoro, lo scenario del villaggio di Biligen assomiglia a quello di uno dei primi cortometraggi di Laguionie, "Une bombe par hasard", del 1969. All'angoscia che cattura lo spettatore in questa scena, farà seguito il diradarsi delle nubi, e il graduale ritrovamento di un'armonia che, in realtà, Louise aveva smarrito prima che il film avesse inizio. La sfasatura fra tempo interiore e tempo reale preesisteva.
Il bizzarro e il surreale fanno capolino in tutta l'opera di Laguionie. Fra i maggiori autori del cinema d'animazione francese - autore di una manciata di cortometraggi e di appena 5 lungometraggi, questi ultimi realizzati nell'arco di oltre un trentennio - Laguionie è poco conosciuto in Italia, e la sua fama è molto inferiore al suo valore, che merita di essere riscoperto. Al centro della sua opera ricorre (sino al penultimo lungometraggio, "La tela animata", del 2011) il tema degli universi paralleli, che comunicano fra loro tramite fugaci squarci rivelatori.
Nei film di Laguionie, abitualmente l'insolito s'insinua in ciò che è familiare. Ne "Le stagioni di Louise", l'elemento insolito, inizialmente spiazzante, ha tutto il tempo, poi, per diventare a sua volta familiare. E' così che la forzata solitudine di Louise si trasforma in opportunità di riscoprire il gusto della vita, invertendo il percorso di declino che sembra ineluttabile nella senilità. Inoltre Louise ha un rapporto confidenziale con la morte. Nella sua memoria riaffiora, insieme alla giovinezza, il ricordo di un paracadutista della seconda guerra mondiale, il cui cadavere appeso a un albero era per lei da ragazza un immaginario compagno di conversazioni (si appartava persino, in sua prossimità, con uno dei suoi ragazzi, per il gusto di terrorizzarli). L'anno che Louise trascorre sulla spiaggia con il cane Pepper finisce così per fornirle l'opportunità di ritrovare un'energia che si era affievolita. Grazie anzitutto a una rinnovata libertà, Louise recupera un rapporto più autentico con l'esistenza. Il villaggio abbandonato sul mare, la catapecchia di fortuna, rappresentano un altrove felice in cui ritrovare se stessa, più autentico rispetto alle forzate e (non solo per lei) infelici villeggiature estive con cui il film si apre.
"Le stagioni di Louise" rappresenta una riflessione profondamente ispirata sul tempo, sulle stagioni della vita e sulla terza età: una riflessione matura, in cui è evidente che l'autore sa bene ciò di cui parla (Laguionie ha 77 anni). Con questo film, Laguionie sfiora l'ennesimo capolavoro di una carriera che già ne era ricca (oltre al citato "Une bombe par hasard", merita di essere menzionato il cortometraggio "La traversata dell'Atlantico a remi" del 1979, vincitore di una palma d'oro, e il primo lungometraggio del 1984, "Gwen et le livre de sable"). Questo film rivela, nella semplicità della tradizione, le ancora notevolissime possibilità espressive di una modalità di far cinema che conserva, al suo cuore, la capacità di infondere anima a mondi paralleli, realtà alternative quali quelle cui l'animazione sa dare forma spesso meglio - perché con maggior libertà - del cinema
live action. Realtà alternative: tali sono sempre stati i mondi paralleli di Laguionie: e l'anno in cui si ritrova Louise in questo film non è poi tanto diverso dai 50 anni trascorsi in mare dagli sposi de "La traversata dell'Atlantico a remi", la cui solitaria crociera, metafora della vita coniugale, durava una vita intera.
23/12/2016