A due anni di distanza dall'apologo politico di "The Village", M. Night Shyamalan passa al thriller fiabesco, trasformando una storia della buonanotte ideata per i suoi figli in un film da 75 milioni di dollari. Le bambine avranno anche apprezzato, ma quelli della Warner Bros. hanno perso il sonno per un po': "Lady in the Water" è stato un flop conclamato sia ai botteghini statunitensi che a quelli italiani e ha inaugurato una serie di insuccessi di critica e pubblico, segnando una frattura con i buoni frutti della sua produzione precedente.
Il custode di un residence di Filadelfia trova nella piscina condominiale una giovane donna (interpretata discretamente da Bryce Dallas Howard, figlia di Ron) che si rivela essere una ninfa delle acque emersa dal cloro per consegnare un messaggio a uno scrittore, il quale potrà così portare a termine la sua opera, destinata a cambiare le sorti dell'umanità. La missione affidata al timido custode consisterà nel proteggere la sirena dai capelli rossi dagli attacchi di un mostro chiamato Scrunt e nel farla ritornare nel proprio mondo marino a cavallo di un'enorme aquila.
C'è un po' tutto il cinema di Shyamalan in questo film, come del resto accade con gran parte dei suoi lavori: la riflessione sulla presa di coscienza dei propri poteri ("Unbreakable"), quella sulle paure ("E venne il giorno") o sulle sfide da portare a termine ("After Earth"), il finale alla maniera del twist ending. E l'elenco potrebbe continuare a lungo (il protagonista con le turbe pregresse, l'acqua ecc.), ma si sa: il regista di origini indiane vanta una delle filmografie più compatte degli ultimi decenni. Qui, però, l'autoreferenzialità rappresenta uno dei valori costitutivi della pellicola, che si svolge infatti in uno spazio chiuso (il residence) simile a uno scenario teatrale. L'ambientazione circoscritta favorisce l'interpretabilità del film come giocosa myse en abyme di un'intera cinematografia, mentre l'espediente della "caccia ai ruoli" innescata fatalmente dal critico impersonato da Bob Balaban individua una parallela volontà del fatto narrativo di ripiegarsi parodicamente su sé stesso. E poi c'è Manoj, che indossa i panni dell'attore e si assegna la parte dello scrittore che salverà il mondo, come il più autoironico dei Nanni Moretti.
"Lady in the Water", però, resta pur sempre una favola fantasy e, in quanto tale, tende a prendersi troppo sul serio, contraddicendo l'intelligente leggerezza dispiegata sia dal "teatro dell'autocitazione" che dal "gioco del meta-cinema". La figura della ninfa, ad esempio, riesce piuttosto tragicomica (si pensi alle ultime parole rivolte a Vick Ran) e la sceneggiatura esibisce più volte limiti e stonature vistose, soprattutto quando smarrisce la sua levità. Doveva rimanere una storia per bambini e un divertissement autoriflessivo (il risultato sarebbe stato pregevole, a prescindere dal rischio della contaminazione), ma una vena seriosa ha finito per sbilanciare l'equilibrio, rendendo l'opera un piccolo guazzabuglio.
Post Scriptum
Se vi state chiedendo dove sia finita la battuta finale su Shyamalan che, affidandosi il ruolo di salvatore dell'umanità, precipita nel ridicolo, la risposta è che la lasciamo a chi (ridicolamente) ha preso questo film troppo sul serio, tanto per restare in tema.
cast:
Paul Giamatti, Bryce Dallas Howard, Jeffrey Wright, Bob Balaban, M. Night Shyamalan
regia:
M. Night Shyamalan
distribuzione:
Warner Bros.
durata:
110'
produzione:
Blinding Edge Pictures, Legendary Pictures,
sceneggiatura:
M. Night Shyamalan
fotografia:
Christopher Doyle
scenografie:
Martin Childs
montaggio:
Barbara Tulliver
costumi:
Betsy Heimann
musiche:
James Newton Howard