Uno dei debutti più interessanti degli ultimi anni è senz'altro quello dell'israeliano Eran Kolirin, artefice di questo struggente dramma agrodolce che ha già raccolto una meritata messe di riconoscimenti, tra cui un premio nella sezione Un certain regard all'ultimo festival di Cannes.
Otto musicisti della banda della polizia di Alessandria d'Egitto devono tenere un concerto presso un centro culturale arabo in Israele ma, appena atterrati all'aeroporto di Tel Aviv, salgono sull'autobus sbagliato e si ritrovano in mezzo al deserto, dove i gestori di un ristorante – un giovane uomo e una giovane donna - offrono loro cibo e ospitalità nelle rispettive case.
Il registro grottesco dell'incipit vira gradualmente verso toni più intimisti, mentre i personaggi superano in fretta diffidenze politiche e culturali, a partire da quelle linguistiche. Riescono infatti a comunicare tramite un inglese stentato, che però lo spettatore italiano non ha modo di ascoltare, vista la scelta più sbagliata che mai di doppiare tali dialoghi. In ogni caso, non appena queste barriere crollano, emergono ambizioni frustrate (uno dei musicisti sogna di comporre una grande sinfonia, quando non è ancora riuscito a concludere l'ouverture) e fallimenti esistenziali, cui non sono immuni neanche i personaggi di contorno.
Temi potenzialmente ricattatori, che però l'autore, salvo qualche piccolo scivolone retorico (gli aforismi sull'importanza della musica e la drammaticità del racconto dello schivo direttore d'orchestra, ben interpretato da Sasson Gabai), affronta con ammirevole senso della misura, regalandoci momenti di commozione autentica.
Il senso di solitudine che accompagna lo spettatore è reso non solo dall'ambientazione, con il deserto che lascia la scena all'oscurità della notte, ma anche da alcune ponderate scelte registiche, come quella di lasciar talvolta fermi gli attori. Sia quelli non in primo piano (come avviene nel teatro) sia coloro che saranno protagonisti delle scene successive. Non può certo passare inosservata l'immagine che apre il film, con tutta la banda completamente spaesata che posa in riga; ma anche la sequenza del “triangolo” a casa della donna israeliana prende il via con il medesimo stilema.
Il fatto, poi, che questa si concluda con i vincitori e i perdenti che restano al loro posto, nel consumarsi di uno spietato avvicendamento generazionale che, all'indomani, lascia a tutti l'amaro in bocca, sta a sottolineare il “pessimismo realista” di questo nuovo autore che si affaccia nel panorama cinematografico internazionale.
Non inganni dunque lo scioglimento, finalmente in musica.
cast:
Sasson Gabai, Khalifa Natour, Ronit Elkabetz, Saleh Bakri
regia:
Eran Kolirin
titolo originale:
The Band's Visit
distribuzione:
Mikado
durata:
90'
sceneggiatura:
Eran Kolirin
fotografia:
Shai Goldman