Ecco a voi il film più ambizioso dell'anno. Il film che, in poco più di due ore, cerca di narrare un cinquantennio di storia mondiale e al tempo stesso cerca di farlo imbastendo un melodramma di proporzioni gigantesche. Il nuovo, difficilissimo lavoro di Theo Angelopoulos arriva finalmente nelle sale italiane dopo aver diviso un po' tutti in giro per l'Europa, critici e pubblico. Ma d'altronde, si sa, è un po' il marchio di fabbrica del regista greco, sempre in bilico fra opere di portata emozionale quasi insostenibile e cadute di stile per colpa delle quali l'autocompiacimento verso un determinato intento di rallentare i tempi, raffreddare i sentimenti e innalzare a dominatore della scena il proprio stile tecnico rende ostiche e "capolavori mancati" molte sue pellicole.
Questa sua ultima fatica, però, fa pendere decisamente la bilancia dalla parte che preferiamo. Con un trucco di metacinema che, per la verità, non gli è molto congeniale, Angelopoulos fa tornare a Cinecittà un regista americano di origini greche per riprendere le fila di un film interrotto misteriosamente tempo addietro. Il film è profondamente autobiografico perché parla di sua madre, donna che ha amato nella sua vita due uomini, e da loro è stata a sua volta riamata. E con loro, o senza di loro, ha attraversato, complici i mutamenti degli scenari politici, davvero mezzo mondo. Dalla Grecia alla Russia, fino all'agognata America, il triangolo amoroso di Angelopoulos insegue un obiettivo clamoroso: ripercorre, appunto, la storia del Vecchio Continente insieme a uomini e donne mosse da un purissimo e irrefrenabile amore verso il prossimo. La delusione per la "speranza comunista" si accompagna all'altrettanto forte disillusione di un "mondo occidentale" che non garantisce ai protagonisti l'attesa felicità.
Al netto dei soliti difetti dell'autore, dimenticandoci di alcune lungaggini che ci fanno domandare in continuazione perché un intellettuale autentico come il regista greco senta così costantemente la necessità di porre una firma inconfondibile in modo anche gratuito a così tante scene del film, "La polvere del tempo" è un racconto di rievocazione storica e un romanzo sentimentale potente ed emozionante, con alcuni piani sequenza che, spiace dare ragione a certa critica faziosa e schierata al fianco di Angelopoulos da sempre, sprigionano la sensazione di un cinema di altissimi livelli.
La fragilità della Storia si ripercuote sugli esseri umani. Potrebbe essere questo l'assunto finale del film. Alla fine di tutto ciò, vagando in cerca di una stabilità impossibile, c'è ancora disgregazione: non sono solo i popoli a sfaldarsi, si sfilacciano anche le relazioni amorose, i rapporti genitori-figli e i ricordi, quelli più intimi, anziché essere una consolazione da custodire nell'animo diventano un peso insostenibile per il proprio fallimento.
cast:
Willem Dafoe, Bruno Ganz, Michel Piccoli, Irene Jacob
regia:
Theo Angelopoulos
titolo originale:
I skoni tou hronou
distribuzione:
Movimento Film
durata:
125'
produzione:
Theo Angelopoulos Film, Lichtmeer Film GmbH, Filmstiftung Nordrhein-Westfalen
sceneggiatura:
Theo Angelopoulos, Tonino Guerra, Petros Markaris
fotografia:
Andreas Sinanos
scenografie:
Andrea Crisanti
montaggio:
Yorgos Helidonidis, Yannis Tsitsopoulos
costumi:
Regina Khomskaya, Francesca Sartori, Martina Schall
musiche:
Eleni Karaindrou