Dopo l’esordio brillante con “Storie di uomini e cavalli”, Benedikt Erlingsson torna dietro la macchina da presa per dirigere questa divertente commedia presentata nella settimana della critica a Cannes.
“La donna elettrica” ci porta in Islanda, in una storia che ha come protagonista Halla, una combattiva ed eccentrica signora di mezza età impegnata, già dai mesi precedenti all’arco temporale del film, in una reiterata attività di sabotaggio delle linee elettriche intorno a Reykjavik. Il suo obiettivo è quello di fermare lo sciacallaggio industriale che rischia di contaminare la zona intorno alla capitale islandese, portando avanti una crociata ecologista che, proprio grazie agli allarmi inquinamento diventati familiari nell’ultimo periodo, può spingere uno spettatore sensibile all’empatia verso la causa della tenace eroina. La dedizione incrollabile che guida la protagonista vacilla però quando scopre di avere ottenuto l’adozione di una piccola orfana di guerra ucraina; le sue attività illegali infatti, che fanno ormai capolino su tutti i notiziari europei, metterebbero in serio pericolo il diritto alla maternità così a lungo sperato e, adesso, finalmente acquisito.
A dispetto della drammaticità del plot di base, il film risulta godibile e fluido perché l’autore sceglie astutamente di permearlo di un’atmosfera grottesca e quasi surreale, che colora la narrazione di quelle tonalità comiche già gustate nell’esordio del regista islandese. Venature di sottile e discreta ironia caratterizzano evidentemente il mondo visto con gli occhi di Erlingsson, che affresca un’umanità affannata ma non arresa, che sa prendersi poco sul serio, ma anche conscia dei momenti in cui è necessario il risveglio di una coscienza civile.
Il risultato di questo lavoro è un corollario di personaggi variegato e pittoresco, tutti complici a vario titolo delle azioni criminose di Halla e protagonisti di gag spesso esilaranti: dal docile presunto cugino pastore, che la nasconde a più riprese tra il suo bestiame, al ministro vittima di manie di persecuzione che la informa segretamente delle indagini condotte dalla polizia, fino ad arrivare al turista in bicicletta, in cerca di avventure in solitaria nella fredda isola nordeuropea e ripetutamente arrestato per errore al posto della nostra protagonista. Una menzione a parte merita il personaggio della sorella gemella, credibile alter ego dello spirito combattivo di Halla, simmetricamente distante dal suo strabordante attivismo.
L’incedere delle vicende sa essere incalzante, con l’occhio del regista che riesce a cogliere quei frangenti in cui il ritmo accusa momenti di stanca, e svolta prontamente con improvvisi cambi di ritmo. Queste impennate coincidono quasi sempre con un attacco al traliccio d’alta tensione di turno e, soprattutto, con la successiva rocambolesca fuga. È così che tra le meravigliose lande islandesi, in quei paesaggi sconfinati, la pellicola prende respiro e riparte con rinnovato vigore, regalando sia sorrisi amari che discrete dosi di adrenalina.
La cartina di tornasole del perfetto bilanciamento delle molte anime del film la troviamo nella messinscena del commento musicale: l’autore sceglie di inserire diegeticamente le musiche affidandone l’esecuzione a dei terzetti di coriste ucraine e di musicisti locali, i quali compaiono alternativamente durante le peripezie di Halla. Incarnando metaforicamente le diverse tensioni emotive della protagonista, una verso il desiderio di maternità e l’altra verso la salvaguardia dell’ecosistema della sua Terra, Erlingsson si assicura così di rendere perennemente tangibile questa frattura morale con una scelta furba ma efficace.
L’uscita dalla sala lascia soddisfatti, con la consapevolezza di aver visto un buon prodotto, spassoso e intelligente, curiosi di seguire le prossime evoluzioni di questo autore.
cast:
Halldóra Geirharðsdóttir, Jóhann Sigurðarson, Jörundur Ragnarsson, Björn Thors, Vala Kristin Eiriksdottir, Solveig Arnaldsdottir, Margaryta Hilska, Þórhildur Ingunn
regia:
Benedikt Erlingsson
titolo originale:
Kona fer i strìo
distribuzione:
Teodora Film
durata:
101'
sceneggiatura:
Benedikt Erlingsson, Ólafur Egilsson
fotografia:
Bergsteinn Björgúlfsson
montaggio:
David Alexander Corno
musiche:
Davíð Þór Jónsson