“La belle époque” è un film sfacciatamente affascinante e non fa nulla per nasconderlo. Per attestarne le prove basterebbe valutare il livello di manipolazione della scena iniziale ambientata nel bel mezzo di un bacchetto regale, con il re e la sua corte tra un boccone e l’altro, impegnati a far valere il proprio lignaggio rivalendosi sulle umili origini di un servitore di colore. Una cena delle beffe in cui il vero obiettivo non è quella di stigmatizzare il razzismo dell’allegro convivio quanto piuttosto di prendere di mira il pubblico presente in sala, messo sotto scacco dal continuo depistaggio a cui viene indotto da una trama a scatole cinesi in cui la scoperta di trovarsi di fronte a una vera e propria simulazione fittizia, peraltro resa manifesta dall’irruzione di una banda di finti malviventi, e subito sconfessata dall’ennesimo colpo di scena, rappresentato dall’intervento di un regista occulto, pronto a interrompere l’azione all’interno dell’inquadratura per lasciare lo spettatore davanti a quello che a prima vista assomiglia a un set cinematografico.
Detto che ciò a cui si è appena assistito altro non è che un gioco di ruolo che permette ai clienti di un’agenzia di vivere nell’epoca desiderata, il film di Nicolas Bedos ha più di un punto che lo collega alla settima arte a partire dall’artificio con cui i protagonisti - chi nella veste di regista, chi in quella d’attore - si adoperano per dissimulare la finzione favorendo quella sospensione dell’incredulità che "La belle époque" celebra all’ennesima potenza quando mette lo spettatore nella condizione di trepidare per le sorti di Victor/Auteuil, disegnatore disilluso, il quale dopo essere stato messo alla porta dalla moglie/Fanny Ardant, psicanalista annoiata dalla routine del menage matrimoniale, decide di rivivere il giorno più bello della sua vita, quello dell’incontro con il suo grande amore (un’indimenticabile Doria Tiller), ricorrendo ai servigi di Antoine/Guillaume Caunet, “regista” nevrotico e tiranno incaricato di riprodurre in ogni minimo particolare l’estate del 1974 tra cui l’attimo in cui la futura ragazza di Victor entra al Belle Epoquè, il caffè che fa da “testimone” al rendez-vous. Considerato che a interpretare la conturbante sconosciuta è la fidanzata dello stesso Antoine si capisce come il film in questione moltiplichi all’ennesima potenza il gioco di specchi tra le varie coppie, per non dire della commistione tra arte e vita (l’esistenza del set e quella al di fuori di esso finiscono per diventare dei vasi comunicanti), sogno e realtà, come pure della capacità da parte dello sguardo, di ricreare la vita e dargli forma, assecondando la passione e i desideri dei personaggi.
Bedos è bravo a trasferire la magia del cinema nelle vite dei protagonisti riuscendo nel contempo a fare della simulazione una sorta di macchina del tempo capace di offrire a chi lo vuole l’ultima occasione per riprendere in mano la propria esistenza. Così facendo “La belle époque” nel raccontare com’eravamo e come siamo diventati, da un lato rimette in circolo capolavori come “Effetto Notte”, mimato nelle vicissitudini e nelle situazioni del making movies a cui si prestano i partecipanti, blindando il richiamo a Truffaut nell’inquadratura che ci presenta l’eroina di Victor attraverso la parte inferiore della gamba, rifacendosi a ciò che capitava alla Ardant di “Finalmente domenica”; oppure - e questo è un riferimento molto più scoperto - collegandosi al contesto di “The Truman Show” con Canet al posto di Harris e Auteuil in quello di Carrey; dall’altro, se ne distacca, disegnando traiettorie personali che ci portano nella nottate bohémienne del protagonista e della sua conquista e dentro la tumultuosa relazione matrimoniale di Victor e della sua consorte. Da parte sua Bedos “ringiovanisce” i suoi attori riportandoli a livelli - parliamo della coppia Auteuil/Ardant - a cui da tempo non li si vedeva. Per gli appassionati di cinema il 7 novembre, giorno di uscita del film nelle sale italiane, diventa una di quelle date da segnare nel calendario.
cast:
Daniel Auteuil, Guillaume Canet, Doria Tillier, Fanny Ardant, Pierre Arditi, Denis Podalydès, Jeanne Arènes
regia:
Nicolas Bedos
distribuzione:
I Wonder Pictures
durata:
110'
produzione:
Les Films du Kiosque; Orange Studio; Pathé Films et France 2 Cinéma
sceneggiatura:
Nicolas Bedos
fotografia:
Nicolas Bolduc
scenografie:
Stéphane Rozenbaum
montaggio:
Anny Danché
costumi:
Emmanuelle Youchnovski
musiche:
Anne-Sophie Versnaeyen