Il ritorno alla regia di Mel Gibson aveva implicazioni che andavano oltre le cose del cinema perché gli otto anni che separano "Apocalypto" da "Hacksaw Ridge", passato fuori concorso alla Mostra di Venezia, non erano stati il risultato di una mancata ispirazione, né la volontà dell'interessato di prendersi una vacanza dal proprio mestiere. A tutti sono note le vicissitudini pubbliche e private dell'attore/regista come pure l'ostilità di pubblico e media, pronti a infierire con chi non si era dimostrano all'altezza del proprio immaginario. Ciò che interessa in questa sede è però sottolineare come sul piano cinematografico tale avversione sia diventata uno strumento per delegittimare il lavoro di Gibson, quasi sempre liquidato con giudizi che tiravano in ballo aspetti relativi alla sua vita privata e all'ideologie politiche e religiose di cui egli si sarebbe fatto cantore.
Il preambolo torna utile quando si tratta di analizzare un film contraddittorio come "Hacksaw Ridge" la cui storia è incentrata su Desmond Doss, il primo obiettore di coscienza dell'esercito americano che durante la battaglia di Okinawa si rese artefice di ripetuti atti di eroismo rischiando la vita per salvare quella dei propri commilitoni. La scelta di un protagonista come Doss, che fa della sua fede e della sua rettitudine il principio informatore dell'intera esistenza, appartiene per antonomasia all'etica eterodossa che caratterizza i personaggi raccontati da Gibson a partire dal Gesù della "Passione di Cristo", a cui il nostro si avvicina quando si tratta di lanciarsi da solo e senza fucile contro il fuoco nemico (Doss fu dispensato dall'utilizzo delle armi e prese parte al conflitto con l'incarico di soccorritore barrelliere) per prestare soccorso ai compagni rimasti indietro durante la ritirata, oppure, nella prima parte del film, quando è pronto a rinunciare al matrimonio con la donna che ama e ad andare in prigione pur di non venire meno ai principi del proprio credo. D'altra parte, la scelta di un personaggio che fa della non violenza il suo cavallo di battaglia poteva essere sul piano autoriale (e forse lo è) la trasposizione di un mea culpa posticipato ma comunque valido e al tempo stesso la dimostrazione di un equilibrio psicofisico finalmente ritrovato.
A stridere sulle buone intenzioni del regista è però il modo con cui Gibson mette in pratica queste idee; perché è vero che la classicità di "Hacksaw Ridge" va di pari passo con la presenza di un protagonista senza macchia e senza paura, così come non sorprende in questo ambito né la distinzione manichea tra buoni e cattivi, con i soldati americani arruolati in toto all'interno dei primi, né il ricorso a un linguaggio espressivo altisonante e retorico che risponde alla volontà di coinvolgere il pubblico in determinati momenti della storia. Ciò che non torna con l'assunto di partenza è la spettacolarizzazione della violenza - difficile da escludere in un war movie - a cui Gibson si presta quando sottolinea i passaggi più cruenti del film attraverso l'enfasi del commento musicale e l'uso prolungato del ralenti che estende all'infinto l'effetto di esplosioni e sbudellamenti. Questo non vuol dire che "Hacksaw Ridge" non sia un film ben diretto e ottimamente recitato (e qui ci sarà il caso di aspettarsi la nomination per Andrew Garfield e per qualcuno dei suoi colleghi, magari per il sergente Vince Vaughn), comprensivo di una interminabile sequenza di combattimento che in questo senso ci restituisce il Gibson di "Braveheart". Rimane solo quell'unico neo costituito da un pathos irresistibile ma fin troppo premeditato.
cast:
Andrew Garfield, Vince Vaughn, Hugo Weaving, Teresa Palmer
regia:
Mel Gibson
distribuzione:
Eagle Picture
durata:
131'
produzione:
Icon Productions
sceneggiatura:
Andrew Knight, Robert Schenkkan, Randall Wallace
fotografia:
Simon Duggan
scenografie:
Barry Robison
montaggio:
John Gilbert
musiche:
John Debney, Rupert Gregson-Williams