L'amore al cinema è stato ormai declinato in tutte le sue possibili forme. Preso sul serio (sul tragico) o irriso, masticato e rimodellato. L'amore si presta però a letture infinite, fonte inesauribile da qui all'eternità del cinema. olto più difficile donare varianti al tema della morte, troppo tragico per essere coniugato a spiragli proiettati in una sfera di ottimismo nel presente e di speranza futura. Restless" si serve dell'amore per raccontare il tema della morte con leggerezza o, a preferenza, gira intorno alla morte per cavare i residui amorosi sparpagliati lungo una vita (breve o lunga che sia) in fase terminale o appena conclusa.
Ma che Van Sant è quello che si/ci introduce in un'atmosfera tanto arrischiata? Un universo che richiede di stabilirsi perennemente in uno status in bilico tra dramma e commedia, su una corda emotiva tesa e sempre sul punto di spezzarsi. Il cineasta di Louisville nel corso del decennio da poco concluso ha sapientemente alternato una narrativa classica, obbedendo più o meno fedelmente a canoni estetici hollywoodiani (tradendoli qua e là) e una visione del cinema sperimentale, con i proverbiali silenzi, i piani sequenza, le asettiche carrellate.
Il Van Sant di "Restless" trova una terza via, non una sintesi delle sue due recenti anime, e forse nemmeno una vera ricongiunzione a sue vecchie opere ("Drugstore Cowboy", "Belli e dannati"), seppur le più accomunabili al suo ultimo film. Un anti-melodramma dell'anima.
La poesia nasce dalle piccole cose, dai colori autunnali (il clima, dentro e fuori i personaggi era, è e resterà autunnale), dagli uccellini che cinguettano sui rami di alberi spogli, da sorrisi abbozzati.
Se i ragazzi d'oggi vogliono tutto e subito, i giovani Enoch e Annabel aspettano. Il tempo stringe, ma attendono con pazienza le palpitazioni amorose, lo scorrere delle mani sulle guance dell'altro, un delicato bacio, una lacrima di gioia, un'altra dell'inevitabile dolore finale. I due protagonisti vanno in controtendenza, in simbiosi con il film stesso che abitano. Non urlano, sussurrano. Non ricattano, sfiorano. Hanno un codice di dignità che, nonostante la vita possa intraprendere le strade più buie, provano a portare a compimento.
Enoch e Annabel rappresentano anche due solitudini che, incrociandosi restano forse tali, ma rafforzate dall'esperienza di coppia possono affrontare la vita che resta, piuttosto che cadere nella negazione dei giorni ultimi. Resta un dubbio: ma Enoch riuscirà ad amare la sua vita futura? A tal proposito è lecito avere dei dubbi.
Impregnato di malinconia, di piccole emozioni che sanno farsi grandi come gli imponenti temi trattati, "L'amore che resta" è un film forse programmaticamente commovente, una macchina sincera ma, al contempo, probabilmente studiata, forse ripetitiva e con il fiato appena un po' corto. Ma l'adesione dei due protagonisti (se Henry Hopper, figlio di Dennis, è praticamente un esordiente, la graziosissima Mia Wasikowska è una conferma) e il tocco anti-retorico di Van Sant ne fanno comunque un'occasione da affrontare a cuore aperto.
cast:
Henry Hopper, Mia Wasikowska, Ryo Kase, Schuyler Fisk, Lusia Strus
regia:
Gus Van Sant
titolo originale:
Restless
distribuzione:
Warner Bros
durata:
91'
produzione:
Imagine Entertainment; Columbia Pictures; 360 Pictures
sceneggiatura:
Jason Lew
fotografia:
Harris Savides
scenografie:
Anne Ross
montaggio:
Elliot Graham
costumi:
Danny Glicker
musiche:
Danny Elfman