Pur essendo uno dei massimi poli produttivi a livello mondiale, il cinema indiano in Italia è sempre stato conosciuto più di fama che di fatto. Sia i grandi autori sia le sfavillanti produzioni, popolari in quasi tutto il globo, da noi hanno sempre avuto poca visibilità e per avere un assaggio di quanto accade nel subcontinente ci siamo dovuti affidare alla voce dei "registi della diaspora", i cui film talvolta hanno ottenuto il beneficio della distribuzione nelle nostre sale, magari a seguito di qualche successo critico o festivaliero (si pensi al leone d'oro veneziano "Monsoon Wedding" di Mira Nair, al candidato all'Oscar "Water" di Deepa Mehta o al crowdpleaser "Sognando Beckham" di Gurinder Chadha). Onore al merito quindi ad iniziative come il "River to River" fiorentino, festival arrivato ormai alla nona edizione che ci presenta annualmente una (per forza di cose) parziale selezione del meglio della produzione locale, in particolare quella indipendente (creando quindi un curioso corto circuito: grazie a questa rassegna in Italia è paradossalmente più facile vedere pellicole di nicchia che non quelle da grande pubblico). Quest'anno uno dei pezzi forte del programma (anche se non premiato) è stato sicuramente "Kaminey", il nuovo film di Vishal Bhardwaj, forse il più interessante autore dell'attuale scena indiana.
Classe 1960, talento poliedrico (dei suoi film cura anche la colonna sonora, cantando spesso pure i brani), Bhardwaj si è fatto notare in questi anni prima con opere legate all'universo infantile e poi con due acclamati adattamenti shakespeariani in chiave contemporanea (Maqbool e Omkara che trasferivano rispettivamente il "Macbeth" e l'"Otello" nel mondo della malavita indiana). Autore finora caro soprattutto alla critica e ai cinefili, con Kaminey Bhardwaj ha tentato la carta di un cinema più mainstream, senza però rinnegare le caratteristiche che ne hanno fatto un regista da tenere d'occhio (nella canzone dei titoli di testa si fa riferimento all'Aids e in una delle prime sequenze la protagonista convince il partner a far sesso senza protezione, perché "voglio che non ci sia niente fra noi due", non proprio cose abituali per una cinematografia ancora conservatrice come del resto il paese cui appartiene).
Uscito in patria la scorsa estate, dopo qualche rinvio, e accolto con favore dalla stampa e dal pubblico (cosa questa alquanto significativa se si pensa che per la "dorata" Bollywood il 2009 è stato un annus horribilis...molte grandi produzioni si sono, infatti, rivelate deludenti al botteghino, che gli spettatori indiani abbiano imparato a pretendere qualcosa di più dal loro cinema che non le solite anacronistiche fiabe d'amore con tanto di numeri musicali da far invidia alla Hollywood classica? Se così fosse, in tempo di cinepanettoni, non resta che augurarsi che un giorno gli spettatori italiani imparino a fare altrettanto), "Kaminey" (letteralmente canaglie, furfanti) è un film che mescola (nella tradizione degli spettacoli masala) thriller, azione e melodramma, senza trascurare siparietti comici (che qui rispetto al prodotto medio risultano meno triti e appiccicaticci del solito).
La visionaria sequenza iniziale che vede il protagonista correre all'impazzata ci da già la cifra del film, che è una specie di montagna russa cinematografica, per certi versi avvicinabile ad alcune opere di Danny Boyle o di Guy Ritchie, con le quali sfortunatamente condivide oltre al ritmo forsennato anche una certa vacuità che impedisce di apprezzare fino in fondo la dimensione drammatica di vicenda e personaggi. Al centro della storia ci sono due gemelli che vivono a Bombai, Charlie e Guddu, che non vanno per niente d'accordo ma sono accomunati (oltre che dallo stesso interprete, Shahid Kapoor) dal fatto di avere un difetto di pronuncia (Charlie soffre di sigmatismo, mentre Guddu balbetta) e di voler entrambi dare una svolta alla propria vita, seguendo strade comunque diverse: Charlie è un lestofante di bassa lega mentre Guddu è fondamentalmente un bravo ragazzo. I due sono costretti a riunirsi a causa di vari problemi in cui si trovano impelagati, soprattutto dopo che la fidanzata di Guddu, Sweety (Priyanka Chopra) è rimasta incinta; il di lei fratello, un politico corrotto, teme che un eventuale scandalo nonché la presenza di un cognato "straniero" (i gemelli sono originari dell'Uttar Pradesh) possa minare le sue chances di vittoria alle imminenti elezioni. Se a questo aggiungiamo la passione di Charlie per le scommesse ippiche clandestine, lestofanti malintenzionati, un amico col debole per il consumo di stupefacenti, si capisce che ci stiamo trovando di fronte ad un film incasinato ma innegabilmente energico.
La macchina da presa segue le disavventure dei due (separati per buona parte del film) che proseguono a ritmo quasi sempre sostenuto e che si svolgono in scenari abbastanza spogli e deprimenti che non hanno niente a che vedere con le locations accattivanti con cui il cinema bollywoodiano abbellisce i suoi prodotti. Anche se il sogno di Charlie e Guddu è di cambiare la propria esistenza (Guddu inizialmente è recalcitrante a sposarsi, poiché vede nel matrimonio un ostacolo ai suoi piani), i luoghi in cui si muovono fanno da specchio ad una situazione che difficilmente può essere superata, quasi un brutale contraltare realistico ai sogni naif dei due protagonisti.
"Kaminey" può risultare superficiale nel delineare i suoi caratteri ma assolutamente impeccabile è il contributo degli attori. Shahid Kapoor non è mai stato così bravo come nei panni dei due gemelli, fino ad ora era stato una presenza più che altro gradevole, con questo film dimostra di essere non solo un bel giovanotto da affiancare alle sirene del cinema indiano, in Kaminey lo vediamo impegnato praticamente in tutto, sequenze d'azione come momenti melodrammatici, senza trascurare scene violente; sebbene non rinunci mai del tutto ai mezzi toni (una certa misura è da sempre sua caratteristica), l'attore riesce a ben trasmettere le fragilità dei suoi due personaggi, anche più di quanto la sceneggiatura non consentirebbe. Altrettanto valida è la presenza dell'ex miss mondo ma ormai diva cinematografica a tutti gli effetti (almeno in Asia) Priyanka Chopra, impegnata qui in un ruolo deglam simile a quello rivestito dalla rivale Lara Dutta nel meno fortunato Billu; anche se Sweety è più che altro una funzione, Priyanka regala al suo personaggio la necessaria energia per farne uno dei motori della vicenda. Oltre ai due (o per meglio dire tre) protagonisti in Kaminey è possibile ammirare il contributo di vari caratteristi, fra i quali segnalerei particolarmente Chandan Roy Sanyal nei panni di Mikhail, il complice di Charlie (nonché per certi versi il suo vero fratello).
La formula del film può risultare prevedibile, compreso il fatto che tutti quanti si ritrovano riuniti nella resa dei conti (pre)finale, il montaggio scoppiettante però garantisce l'attenzione fino allo scioglimento dove tutto sembra trovare un suo ordine. Doveroso dire sembra, dato che gli intermezzi onirici che accompagnano lo svilupparsi degli eventi (in molte delle sequenze surreali appaiono dei cavalli, da qualcuno visti come una citazione dal famoso dramma "Equus" di Peter Shaffer, anche se francamente non so quanto questa interpretazione sia corretta) fanno capolino anche nel finale, dando al tutto quell'alone di fantastico o di volutamente irrisolto che non fa che aumentare il fascino del film.
09/01/2010